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1052. Francesco Sforza a Francesco Gentile 1452 ottobre 28 "apud Calvisanum".

Francesco Sforza si compiace con Francesco Gentile per la diligenza nell'avvisarlo di tutto. In risposta alle sue lettere, per quel che riguarda la "expeditione" di quel signore ne ha fatto dare notizie a Firenze tramite Diotesalvi e che ritornerà a parlarne in modo da provvedere che egli ne rimanga contento. Afferma di non aver mai prima saputo che Roberto da Messina andasse in quel di Pesaro; ha scritto perciò ad Alessandro e a Sveva di trattarlo como ribelle e nemico. Riguardo ai Veneziani sono ben trincerati in quel di Ghede.

Francisco Gentili.
In doe fiate havemo recevute più toe lettere date a x, xv, xviii et xx del presente, per le quale restiamo advisati de molte cose circa le occorrentie de quella impresa quale havimo intese volentere, et te commendiamo che sii diligente in avisarne del tucto, et cossì volimo perseveri in fare per l'avenire. Ale dicte lettere, perché gli accade poca resposta, solamente responderimo ale parte necessarie et primo, quanto ala parte dela expeditione de quello magnifico signore, como per altre te scripsimo, havemo mandato ad Fiorenza per nostro compare Detesalvo, et replicarimo in modo ch'el se prenderà forma al dicto spazamento et se farà in modo che la signoria soa se retrovarà ben contenta.
[ 263v] Ala parte de Roberto da Messino, noi non hebemo mai notitia ch'el praticasse in quello de Pesero perché, quando l'havessimo saputo, non l'haverissemo (a) patito perché non é honesto che uno rebelle de quello signore sia in le terre nostre. Però, inteso quello ne scrivi, havemo scripto ad Alexandro et cossì ad madonna Sveva che non gli lo lassino stare per modo alcuno, immo lo debiano tractare al pezo che poterano, como rebello et inimico. Et cossì siamo certi farano.
Dele cose de qua non c'è altro de nuovo. Noi siamo pur qui suso la campagna, et li inimici sonno a Ghede pur fortificati da fossi et de repari, et se havesseno quello animo che demonstrano, hanno pur bello venirce ad trovare. Noi vederimo pur quello vorrano fare et non dubitiamo noi fare dele cose che te piacerano. Ex castris apud Calvisanum, die xxviii octobris 1452.
Irius.
Cichus.

(a) Segue saputo depennato.