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1132. Francesco Sforza a Benedetto de Curte, capitano, e a Bartolomeo de Meliis, podestà di Piacenza (1452 novembre 27 Gambara)

Francesco Sforza comanda a Benedetto de Curte, capitano, e a Bartolomeo Meli, podestà di Piacenza, che, non tollerando più le insolenze di Onofrio Anguissola, cerchino di avere nelle loro mani lui e i suoi accoliti e metterli in un posto sicuro, o di accordarsi con i nobili e i feudatari di Piacenza e della diocesi e, andando in campo con bombarde e con amici e servitori ducali, prendano il castelletto e lo radano al suolo impiccando alcuni di Onofrio, tra i più ribaldi. Per agevolare in ciò Benedetto gli fa avere una patente con la quale, in nome di Sceva, sarà obbedito.

Benedicto de Curte, capitaneo, et Bartholomeo de Meliis, potestati Placentie.
Noi non deliberamo volere tollerare le insolentie et pazie de miser Honofrio Angussola el quale pare habia male a memoria la monitione, quale paternamente più fiade li havimo facto. Et però vi commectimo et omnino carichamo et volimo vediate de tenere modo, sive con piacevolezza, sive per insidie, overo comandamenti, de haverlo per ogni modo nele mane vostre; et lui et quanti de quelli giotti brigano con luy che porreti havere: mecteteli in loco che non possano volare senza nostra spetiale licentia. Si vero vedite, né per ingenio, né per altra via piana non poterlo havere, volimo che etiam concitati li nobili, feudatarii nostri, o li populi de Piasenza et dela diocesi, ordinatamente li andati ad campo etiam con le bombarde, aciò rechiendo li amici et servitori nostri undique circunstanti et per qualuncha via sia più factibile, vediate de havere quello castelletto et statim et subito, senza altra expeditione, lo fazati ruinare et funditer eradicare; et de quelli se trovarano dentro, impiccatine una parte de quelli vi parerano più captivi et ribaldi, et esso miser Honofrio fareti sostenere in loco securo ch'el non possa fugire; poi ce advisareti de quanto sarà seguito. Et aciochè più abilmente ciò possiati fare, a te, Benedicto, mandamo una patente nostra de arbitrio per la quale, in nome de miser Sceva, tuo fratello et nostro locotenente, sarai obedito de quanto sarà bisogno. Et guardati a regulare questa cosa con bono modo, et fati che parà voi havere caro obsequire le commissione et commandamenti nostri et la obedientia de vassalli, amici et subditi nostri. Data ut supra.
Persanctes.
Cichus.