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1139. Francesco Sforza a Diotesalvi di Nerone 1452 novembre 28 Gambara

Francesco Sforza risponde a Diotesalvi di Nerone sulle preoccupazioni dei Fiorentini per gli Aragonesi, ricordando il loro scarso impegno già dell'estate scorsa. Per quanto riguarda Sigismondo aspetta di sentire da Francesco Gentile quel che occorre per provvedervi. Sulla volontà di pace da parte dei Veneziani, non ha notizie e forse, consci del pericolo che incombe su loro, la cercano. Sulla Francia ha solo le lettere degli ambasciatori fiorentini e quella dell'Acciaioli a Giorgio Maino. Assicura che a Giovanni Cossa darà il suo appoggio. Con i Dieci della Balia ha raccontato le novità seguite al suo arrivo a Gambara. Sul fronte monferrino, in attesa di novità sull'accordo cercato dal Re di Francia, ha notizia che il Bailì e le sue genti non stanno d'inverno allo scoperto per cui ci si limita a scorrerie, se pur la volontà del duca è riprendere le terre perdute e toglierne al nemico delle sue. Sulla ricerca veneziana di pace ribadisce il suo proposito di prendere provvedimentì tali che li faranno pentire della loro ambizione e arroganza.

Dioetesalvi Neronis.
Havimo recevute doe vostre lettere de data xv et xviii del presente et inteso quanto per quelle scrivete, respondemo, et prima, alla parte toccate della disfida non dicemo altro, perché per nostra lettera haverite inteso quanto è sequito.
Alla parte che quelle gente Ragonese diano da pensare a quella signoria, dicemo che li provedimenti se hanno a fare saranno tali et, se quelle zente Ragonese hanno facto poco questa estate passata, farano mancho la futura.
Alla parte del signore Sigismundo, noi aspectamo Francesco Zentile al quale habiamo scripto che vengha et intenderimo quanto occorre et provederasse poi al facto del dicto signore in opportuna forma.
Ala parte de quanto se sente là che per Venitiani se fa rasonamento de pace, et cetera [ 286r] dicemo che noi mai non ne havimo sentito niente, si non quanto scriveti voi dellà, quantuncha crediamo che volontere la vorriano per lo pericolo che si vedono havere; ma noi non cercamo pace, ma cercamo con le forze farli fare quella pace hanno cercato de havere et farli discredenti deli soi errori.
Da poi scripsemo l'altre et mandassimo le lettere de quanto havevamo dalli ambasiatori vostri dale parti de Franza, havimo havute altre lettere, quale scrive miser Angilo ad miser Zorzo del Maino, nostro ambasiatore, la copia dela quale havimo mandata al magnifico Cosmo, come da luy porrite intendere.
Ala parte de Zohanne Cossa non dicemo altro si non che intenderimo quanto ha da fare et non mancarimo dal canto nostro in cosa alchuna.
Da poi scripsemo l'altre dela venuta nostra ad Gambara non è seguito altro, si non quanto scrivemo alli magnifici signori Diece, como da loro intenderite.
Dele cose da Monferato da poi fosti advisato de quanto seguiria; da poi havimo havuto che monsignore Bayli et quelle zente sono dellà per lo tempo hyemale non hanno modo de campezare al discoverto et per questa casone non s'è aquistato altro ben, se non facte et se fanno delle corrarie et prede et danni assai et, como per lettere nostre haverite inteso, la deliberatione nostra era de mandargli gente dellà per requisitione de quelle terre et pigliare dele inimiche. Ma venendo Zohanne Cossa, mandato dalla mayestà del Re de Franza per pratichare lo accordio con li dicti di Monferato, poria essere che mutaressimo proposito, et per anchora non sapemo bene que deliberatione farimo, ma de quanto deliberaremo et che sequirà circa ciò ne sareti advisati.
Ceterum retornando al facto della pace, como da sopra havimo toccato, dicemo che nostra intentione non è de fare pace, immo è de attendere a fare delli provedimenti che quello non s'è potuto fare questa estate passata per le disgratie havimo havute, se habia ad exequire ad questa primavera, che se abacta et diminuisca la superbia et arogantia loro, rendendone certi che haverimo a fare tali provedimenti che habiamo ad vincere et castigarli et farli pentire della ambitione et arongantia loro; et a questo gli metterimo ogni nostro sapere et potere, et non dubitamo che, facendosi quelli provedimenti che facillime se possono fare, che se havirà ad vincere et in breve tempo.
Ex Gambara, die xxviii novembris 1452.
Ser Iohannes.
Cichus.