Registro n. 14 precedente | 1268 di 1952 | successivo

1268. Francesco Sforza agli Anziani e al Consiglio di Parma 1453 gennaio 12 Milano.

Francesco Sforza scrive agli Anziani e al Consiglio di Parma di aver inteso dai loro oratori, Ugolino Galimberto e Antonio de Ferro, che a loro e molesto che quattro cittadini siano presenti alle loro deliberazioni e, quantunque tale deliberazione egli l'abbia presa perché vedeva che le cose non erano fatte ad onore di quella città, non intendendendo fare ai cittadini cosa che sia loro molesta, abroga la presenza dei quattro cittadini e dispone che d'ora in poi alle loro deliberazioni siano presenti il luogotenente e il podestà, o uno dei due a garanzia della città stessa. Circa la parte del rasonato non vuole che le cose procedano come si è fatto fino al presente, e ordina che, oltre il luogotenente e il podestà, si accetti in detto ufficio Giorgio degli Arlotti, informandoli che di queste e di altre cose ha parlato con i loro ambasciatori. Li sprona, infine, a fare di tutto per liquidare a Giovanni Giordani quanto ancora gli spetta per la sua podestaria perché ha bisogno che lui possa andare dove gli è stato ordinato.

Anzianis et Consilio Parme.
Havimo inteso quanto ne hanno exposto per parte de quella communità li egregi vostri oratori miser Ugolino Galimberto et miser Antonio de Ferro, doctori, et inter cetera, circa el modo et ordine dato per noy delli quatro cittadini che fossero (a) alle deliberationi et conclusione che se havesseno a fare dietim per lo officio vostro delli Antiani, come apare per le nostre lettere directive a voi, et etiam per le patente facte in Cremona a dì xviii de decembre proximo passato; el quale modo per noi preso a voi non è grato, immo molesto per molti argomenti et rasone quali ne hanno alligate dicti ambasiatori, ali quali noi havimo resposto che questo ordine et modo per noi preso circa lo regimento, noi lo havevamo facto per honore et bene commune de quella et anchora nostro, vedendo le cose non governarse per quella via che rechiederia l'honore et debito de quella città. Et quantunche a questo ne siamo mosti, non per specialità nostra ma, come havimo dicto, per bene publico et honore de quella città, et le rasone gli sonno promptissimi perché noi gli havevamo deputato delli nostri cittadini medesmi [ 314v] tamen, perché non vogliamo fare cosa che sia molesta alle mente de quelli nostri cittadini, ma sempre vogliamo essere prompti a fare cosa gli piaza et ampliare quella nostra città, restiamo contenti de revocare quello ordine che per noi era dato de quelli quatro cittadini, et cossì lo revocamo per la presente. Ma vogliamo che in le cose accaderano de fare per voi de qui inanzi, gli intervengano li nostri locotenenti et potestà de quella città, overo uno d'essi, et che alle deliberatione se hanno a fare gli intervenga la autoritate loro; la quale cosa ne pare laudabile perché, per questa via, se venirà ad observare in quella città la forma del bene vivere et se schiferano de quelle cose che poteriano sucedere in mancamento di quella città, et etiam parturire alcuno inconveniente, quale fosse preiudicto et molesto al stato nostro.
Circa la parte del rasonato dicemo che a noi non pare honesto che in simile officio lo padre debbia vedere le rasone del figliolo né lo fratello quelle del fratello, et questa è pure de quelle cose che noi havimo biasimate, quale sonno state facte per lo officio vostro che non sonno bene facte, né laudabile; la quale cosa fortifica et conferma quella havimo dicto de sopra che non è honesto che le cose se tractino et se agitino in la forma s'è observata fino in lo presente, senza che li sia intermessa la presentia del nostro locotenente et potestate et la auctorità loro. Siché ne pare, et cossì volimo ch'el sia da acceptare in lo dicto officio Georgio delli Arlotti, il quale a noi è laudato et commendato per idoneo et sufficiente. Et perché, circa le sopradicte cose et tucte le altre, quale ne hanno exposto dicti vostri ambasiatori per vostra parte, havimo a loro diffusamente a bocca resposto, però non ne stendimo altramente, si non che ali predicti porreti credere quanto a noi proprii.
Ceterum, perché havimo ad operare de presenti miser Zohanne de Iordani in alcune nostre fazende et, come sapete resta havere parte del suo salario per lo tempo che è stato nelo officio de quella potestaria, perché non ne pare honesto che quella communità habia facto et faza le gratia de quello che non aspecta ad lei, siché vogliati expedirle presto perché possa venire da noi et andar dove havimo ordinato, et de questo fate non habiamo casone scrivervelo et replicarvelo più. Lo quale miser Zohanne noi ve recomandiamo, et tucto quello aconzo et bene li farite, noi lo haverimo gratissimo. Mediolani, xii ianuarii 1453.
Zanninus.
Cichus.

(a) Segue per noi depennato.