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1836. Francesco Sforza a Nicodemo 1453 giugno 1 "apud Senigam"

Francesco Sforza racconta a Nicodemo d'essere arrivato a Pontevico quando il borgo era già stato preso e distrutto dai Veneziani, perché se la resa fosse stata ritardata fino a oggi i nemici, che ora sono nei loro alloggiamenti, si sarebbero trovati in difficoltà. Il duca pensa di andare l'indomani nel Bresciano di là dall'Oglio per cercare di riprendere Quinzano e Pontevico cadute in mano nemica. Quanto accaduto è da imputatarsi ai mancati finanziamenti di Firenze, per cui gran parte dei suoi condottieri sta acquartierata con le truppe in attesa del soldo. Ribadisce a Nicodemo lo stupore per il silenzio circa la missione in Francia dell'Acciaioli. Gli chiede di far pervenire a Roma le lettere che acclude.

[ 453v] Nicodemo.
A dì xxviiii del passato te scrissimo como eravamo partiti da Cremona et venuti qui con intentione in ogni modo de soccorrere Pontevico. Como fossemo per la via, trovassimo che l'era perduto, perché li inimici l'havevano con le bombarde tucto frachassato et butato giosso tuti li ripari che queli dentro non possenemo stare ale defesse, perché era tanto spianato, perché s'eranno molto afrezati de haverlo, dubitando pur dela venuta nostra. Et si quelo loco havesse hauto pacientia pur fino a hozzi, noy haveressimo facto che li innimici sariano stati li maletrovati lì, ma, havendoce veduti loro circha dova miglia dala longa, essendo venuti qui ad Seniga, se ne retornevono de subito ali soy logiamenti puy che da passo et li stano socto colore da fortificare Pontevico, perché non gli basta l'animo de andare più in nessuno loco a campo. Nuy havimo aspectato che queste nostre gente gionssero (a) de dì in dì in campo, et cossì aspetiamo ogii ch'el n'è de venire una parte, et domane se ne andarimo de là da Oglio in Bressana et comenzaremo ad fare qualche cossa, et faremo che ne renderano queste doe tere ne hano tolte, le quale non ne hanno tolte, ma furate, non siando venuti nuy per questi quindici dì et hanno anticipatti. E bene che siamo stati tardii per esserne venuto mancho el nostro dessigno nel quale eravamo firmati et fondati, cioé de havere quelo subsidio de quela signoria et che ne remangano una gran parte dele gente ale stancie per non havere dinari per posserli cavar fora; pur nondimeno con quele che havemo, se sforzaremo de fare quelo meglio ne poremo. Ben ne maravigliamo che da poy messer Angelo he venuto là, non habiamo may hauto lettera né da luy né da ti. Procura mandare l'aligate ad Roma. Data in castribus nostris apud Senigam, die primo iunii 1453.
Marchus.
Cichus.

(a) Segue et domene se ne andaremo de là de Oglio depennato.