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1899. Francesco Sforza a Sceva de Curte a Piacenza s.d.

Francesco Sforza informa Sceva de Curte di aver ricevuta la lettera con cui gli comunicava di aver fermato l'ambasciatore del re d'Aragona e prese le scritture che portava, nonostante fosse provveduto di un salvacondotto ducale. Il duca giustifica tale decisione traendo legittimazione dell'operato dalla natura fiduciaria del salvacondotto che non consente l'uso ai danni del concedente. Il duca si è mosso ad agire contro l'ambasciatore perché ha saputo che lui, dopo la concessione del salvacondotto, era venuto in possesso, messo sull'avviso anche da un messo del governatore di Asti, di scritture contro lo stato. La lettera è troncata con una attestazione di riverenza verso il re di Aragona.

Domino Sceve de Curte Placentie.
Hersera, cerca doe hore de notte, recevessimo la vostra lettera, facta pur heri, per la quale havimo inteso della retentione facta per vui acquello imbassiatore della mayestà de Re de Ragona et delle scricture Ii havete retrovate portare con sì, le qual tucte havemo vedute et che, non obstante che lui havesse el nostro salvoconducto, piutosto havete voluto far cossì che altramente, credendo non potere fallare per intender el vero, actente le condictione delIi tempi. Al che respondendo ve dicimo che a nui piace quanto havete facto, ve ne comendiamo perché pur dicte scripture tendono contra nui et il stato nostro, avisandove però che nui havevamo ordinato al nostro governatore de Parma [ 472v] che, passando dicto ambassiatore fosse facto soprasedere finché ne havessimo havuto adviso, attento che da Parma al campo nostro è pocha distantia. Et la casone che ne ha mosso a far cossì è stata che nui havimo havuto adviso da persone digne de fede, da poi che Ii concedessimo et mandassimo il salvoconducto, et essendo zà il dicto imbassatore in camino, per lo messo del magnifico Baylì, governatore d'Ast, ch'el portava molte scripture importanti et anbassiate contra il stato nostro, et perché, come vui medesimo sapete bene indicare, la (a) natura delIi salviconducti sonno che colui a chi è concesso non deve portare nì operare cosa alchuna contra el stato de quelIi chelli concedeno, né se intende che salvoconducto alcuno debbia valere quando fusse usato contra la forma d'esso nì contra il stato del concessore, el quale non l'averia concesso né concederia quando intendesse se facesse et portasse contra esso concessore. Et nui non havere facto né faramo altramente, né alchuno veruno altro el farria, et questo è certissimo, ne parse con rasone poserlo fare soprastare per intendere queste cose ch'el portava, come è stato il vero, secondo l'aviso ad nui dato et Ii diriti largamente che s'el non fosse per reverentia dalla mayestà de Re de Ragona, nui haveressimo (b).

(a) Segue nostra depennato.
(b) La missiva termina così. Allegato a f. 472 tergo