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497. Francesco Sforza al marchese Rolando Pallavicino. 1452 aprile 25 Milano.

Francesco Sforza, inteso quanto Rolando Pallavicino ha risposto circa i cavalli bruciati a Clemente, uomo d'arme, ribatte che l'atto è deprecabile. Dal colloquio con Clemente gli risulta che i cavalli e la roba sono stati bruciati dai suoi uomini, tra i quali vi erano due figli di Alessandro, figlio di Niccolò, suo figlio, visti incappucciati nel bosco di giorno e visti la sera a un miglio dall'alloggiamento. Il duca gli ordina di risarcire i cavalli e le cose bruciate, non dimenticando che, per giunta, i cavalli e le armi non erano di Clemente, ma suoi.

Magnifico Rolando marchioni Palavicino.
Havimo inteso quello ne haviti scripto per risposta della nostra circha el facto delli cavalli et robbe brusate ad Clemente, nostro homo d'arme; al che respondendo, dicimo che siamo certi ve doglia et rencrescha del'acto commisso et meritamente ve debbe dolere perche l'hè stato pur troppo dishonesto et abhomine(ve)le. Nuy havemo parlato cum el dicto Clemente quale ne dice che s'el ve ha dicto più una cosa che un'altra, l'ha dicto per paura, ma che la virità si è che li dicti cavalli et robbe sonno state brusati per li vostri et ch'el provarà per delli vostri homini proprii che in quilli cinque che commissino l'incendio gli erano duy figlioli de Alexandro, figliolo de Nicolò, vostro figliolo, quali forono veduti incapuzati nel boscho el dì, et poy la sera forono veduti appresso el logiamento ad uno miglio. Pertanto ne pareria, et cussì vi confortiamo, caricamo et strengemo vogliati provedere che al dicto Clemente siano pagati li dicti cavalli et cose bruxate, et facto debita restauratione del damno ad luy dato, como è iusto et rasonevele, certificandovi (a) che questo damno non è facto a Clemente, ma ad nuy, perché li cavalli et arme che haveva non erano soe ma nostre. Siché iterum ve caricamo vogliati provedere alla restauratione soa et fare per modo ch'el para cum effecto che habiati molesto questo dishonestissimo acto, rescrivendone come fariti circha de ciò. Mediolani, xxv aprilis 1452.
Irius.
Cichus.

(a) In A certificandolivi con li depennato.