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573. Francesco Sforza al vescovo di Parma. 1452 maggio 14 Milano.

Francesco Sforza si compiace con il vescovo di Parma per quanto detto circa la disponibilità dei guastatori. Gli scive di non turbarsi per quello che gli ha scritto il Papa per le persone rilasciate, neppure deve preoccuparsi per la faccenda dell'abbate parmense di San Giovanni perché ha scritto al suo segretario a Roma, Niccodemo, che lo ammonisca a stare buono e a non fare niente che gli sia di danno, rassicurandolo che l'abate né da lui, né da altri è stato istigato a ciò.

Reverendo domino episcopo Parmensi.
Inteso quanto la vostra paternità ne ha scripto per una soa circa el facto deli guastatori quali serano aparechiati, dicimo respondendo, ne piace molto et de questo ne commendiamo molto l'affectione d'essa vostra paternità. Ala parte che la Santità de nostro Signore de novo ve habia scripto e mandato per lo facto de quelli quali havite relaxati, per nostre lettere vi dicimo che de questo non vogliati prendere umbreza alcuna, né starne cum pinsero perché in questo dì scrivimo opportunamente ad Roma per modo che la Santità de nostro Signore remanerà tacita et contenta et non prenderà veruna indignatione (a) sopra de voy. Ceterum habiamo inteso quanto ne ha referito lo egregio doctore misser Angelo da Viterbo per parte della vostra paternità circa el facto del'abbate de San Iohanne de quella nostra città; al che respondendo, vi dicimo che non debiati prendere dubitatione niuna sopra ciò perché scrivimo ad Nicodemo, nostro secretario in Roma, che lo admonisca per nostra parte per modo che non ardisca impetrare, né fare cosa alcuna che possa cedere ad manchamento vostro, advisandovi che da noy né da niuno deli nostri esso abbate non ha havuto lettere né arbitrio né commissione veruna de cossì fare, siché confortiamo la vostra Paternità a darsi bona voglia. Mediolani, xiiii maii 1452.
Bonifacius.
Cichus.

(a) Segue verso depennato.