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592. Francesco Sforza a Ventura di Montesicardo. s.d.s.l.

Francesco Sforza scrive a Ventura di Montesicardo di essere contento che sia andato lui a Firenze perché meglio informato del pensiero del duca nei riguardi di Sigismondo Malatesta. Lo rassicura di aver scritto a Firenze, come altrettanto fa Diotesalvi, per mandare genti a Sigismondo perché sia in grado di difendersi e di attaccare. Circa i seimila ducati ha scritto, e ne scrive anche Diotesalvi, che siano computati nel nuovo servizio e dei seimila del vecchio se ne faccia debita assegnazione. Circa l'opportunità di mandare un suo uomo da Sigismondo, gli risponde che, sebbene sia andato da lui Giacomo da Cesena, famiglio del Malatesta, tuttavia ritiene di mandare un suo uomo. Non crede tanto alla venuta del figlio del re ma, seppur accadesse, Sigismondo avrà tanta gente da poter affrontare i nemici.

[ 145v] Ser Venture de Montesicardo.
Ser Ventura, nuy havimo recevuto due tue lettere date a xxiii et xxvi del passato, et inteso quanto in esse se contene et la casone della andata tua ad Firenza; la quale andata tua n'è molto piaciuta più che se gli fosse andato un altro perché tu sey meglio informato del'animo et dispositione nostra verso el magnifico signore messer Sigismondo, nostro capitaneo generale, et etiam perché sey meglio informato delle cose pertinente ad questa materia, et de quanto bisongna, che veruno altro, oltra che in li facti della Signoria sua saperay usare la solita fede et dilligentia tua. Et respondendo alla parte d'esse lettere, quanto al facto delle gente, quale rechiede el prefato signore messer Sigismondo, credemo che alla receputa de questa, le dicte gente saranno adviate per vinire alli favori suoy perché nuy li havemo solicitati et solicitamo anchora de presente, et cussì ne scrivimo ad quilli magnifici signori et anche ne scrivi lo magnifico Diotesalvi, nostro compare, in modo che siamo certi im pochi dì lo prefato signore haverà tante gente ch'el sarrà sufficiente non solum ad defenderse, ma anchora ad dare delle bocte al compagno.
Alla parte delli sey milia ducati, quali voleno essere reputati nel servito vechio, dicimo che questo non fo may nostre intentione. Però ne scrivemo, ne scrive anchora el prefato nostro compare opportunamente ad ciò che li dicti sey milia ducati siano computati nel servito novo, et delli altri sey milia del servito vecchio ne sia fatta opportuna assignatione; et cussì siamo certi se farrà, in modo che niuna delle predicte cose non è necessario mandare altro delli nostri ad Firenze per solicitare le cose predicte.
Del mandare uno delli nostri dal prefato signore messer Sigismondo, quantunca sia venuto da nuy Iacomo da Cesena, famiglio della signoria sua, quali hozzi havimo remandato indreto informato della mente nostra et cum lettere expediente, nondimeno gli mandaremo uno delli nostri, come recordi, quale lo confortarà, et farrà quanto serrà necessario.
Alla parte dela vinuta del figliolo del Re, dicimo ch'el n'è difficile a credere ch'el vengna; et se pur el venerà, crediamo sarrà tardo et non venerà cum tanta possanza quanta dimostra, ma, vengna come se voglia, el prefato signore Sigismondo haverà tanta zente ch'el se poterà deffendere et offendere li inimici gagliardamente, et bene disposti ad ogni modo che la signoria sua per ogni respecto habia reputatione et honore(a).

(a) Così si interrompe a missiva.