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682. Francesco Sforza ai Dieci della Balia di Firenze. 1452 luglio 21 "apud Trignanum".

Francesco Sforza scrive ai Dieci della Balia di Firenze di avere affidato a Matteo da Pesaro il compito di ragguagliarli su quanto accade sul suo fronte e ribadisce loro di rimandare subito Diotisalvi con il denaro richiesto. Quanto a Sigismondo afferma di aver fatto quanto gli spettava, anticipandogli anche le rimesse di settembre e a tale scopo, ha mandato il cancelliere Francesco Gentile, per invogliarlo a levarsi con tutte le sue genti e perciò invita i Dieci a prestargli ogni aiuto possibile; e si dice all'oscuro della tregua fatta con Federico. Informato che i nemici hanno costruito un ponte di barche sull'Adda all'altezza di Cerreto, che consentirebbe loro di dilagare e far danni nel Lodigiano, ha mandato sul posto Pietro Maria e Antonio Landriani che, con alcuni uomini, l'hanno danneggiato permettendo però ai nemici di ripararlo subito nelle parti lese; intende inviarvi suo fratello Alessandro con più uomini per un intervento definitivo. Infine dice che intende spostare l'attuale suo alloggiamento e di tutto quanto seguirà li informerà. Scritta la lettera è giunto da lui Guido d'Assisi proveniente da Pesaro che lo ha informato di avere incontrato Sigismondo che l'ha assicurato che se gli verranno dati i denari promessi non mancherà in cosa alcuna.

Dominis Decem Balie communitatis Florentie.
Magnifici tanquam presides honorandi, havimo recevute lettere dalle signorie vostre date a iiii del presente; et inteso quanto le magnificientie vostre scriveno, non respondimo altramente perché là sarrà zonto Matheo da Pesaro informato ad pieno de quanto achade, dal quale haveranno havuto ampla noticia de tucto. Ben recordiamo et confortamo alle magnificientie vostre ad rimandare Diotesalvi cum la expeditione del dinaro rechesto prestissimo perché ne sarrà in grandissimo aconzo, attenta la necessità del dinaro che è fra queste gente nostre et cussì per le altre cose occorreno de qua.
Alla parte del signore messer Sigismondo, havimo inteso quanto le magnificientie vostre scriveno. Dicimo che nuy gli habiamo facto el dovere, et oltra el dovere, et non se pò gravare de nuy perché da nuy ha havuto integramente tutto quello gli è stato promesso, et più che non gli stato promesso, perché luy è stato pagato per uno anno integro che dura perfino a dì v de septembre proximo che vene, che vene ad essere satisfacto nante el tempo, et siamo condescesi como sanno le magnificientie vostre ad fargli oltra ad quello li siamo tenuti, perché non possa alegare che dal canto nostro gli siamo manchati in cosa alchuna, et crediamo debbia pur fare il suo dovere. Nuy havimo mandato dalla signoria sua Francesco Zentile, nostro cancelliero, ad rescaldare in animare, solicitare et persuadere alla signoria sua che solicitamente, animosamente et de bona voglia se voglia levare cum tucte le sue gente et che vada alli favori et defesa delle magnificientie vostre et che se voglia unire cum le altre gente delle magnificientie vostre, che atenda ad fare magnanimamente perché, cum la virtù sua et cum providimenti se fanno dal canto de quella excelsa signoria et favori se daranno de qua [ 174r] , non ha da dubitare la signoria sua che non sia vincetrice et che non habia honore della sua impresa. Siché ne pare che le magnificientie vostre debiano darli tucti quelli adiuti che li sia possibile et che li vogliano usare ogni largheza et grate parole et acharezarlo che, como sanno le magnificientie vostre, luy è persona che li piace et gratifica lo essere acarezzato. Credemo che, quantuncha le sue demostratione siano suspecte, che li facti reusiranno cum migliori effecti; siché attendino le magnificientie vostre ad unire le sue et a fare tucti li provedimenti opportuni et cum presteza che non dubitamo che, facendosi presto le provisione opportune, che non si habia ad vincere et de là et de qua, perché quelle gente del Re non saranno tante quante se dice, et non sonno gente da fare molto sangue. Ben dicimo che quando el prefato signore facesse altramente, ne pare che haveria el magiore torto che havesse may nissuno homo, né signore del mondo, et haverimo caro sentire dalle magnificientie vostre delli modi che servarà et tignerà cum le magnificientie vostre.
Ceterum del facto della tregua ha facto el prefato signore messer Fedrico, nuy non ne havimo havuto may noticia alchuna, salvo che havissimo una lettera, quale recevessimo una cum le lettere delle (a) ne scripse le magnificientie vostre, et altra noticia non havimo havuta; delIa quale lettera mandimo alle magnificientie vostre la copia inclusa.
Insuper li inimici haviano facto uno ponte de nave in Adda sotto Cerreto per offendere in Lodesana. Nuy li mandassimo Petro Maria et Antonio de Landriano cum le sue squadre et alchuni fanti quali ruppeno quello ponte, ma non in modo bastasse, per modo che hanno poy reconzo. Et per quelle gente delli inimici erano più che li nostri et offendendo in quelle parte ad nuy, saria pur grande desconzo, como è informato Diotesalvi, nostro compare, deliberamo rompergli el pensiero et desingno; perhò domatina gli mandiamo Alixandro, nostro fratello, per guastari dicto ponte et fargli una bastia allo opposito siché non possano più offendere né damnificare quelle parte: qual cosa poranno fare fra iiii o vi dì, o viii al più, possa poranno retornare in campo. Nuy intendiamo de moverse de qui et andare in uno altro alogiamento non troppo longo de qua per alcune cose havimo per le mane. De tucto quello sarrà sequito advisaremo subito le magnificientie vostre da poy scripta la presente. Guido da Sise, quale vene da Pesaro, in questa hora è venuto qua da nuy, et dice che nel suo venire è stato cum lo signore messer Sigismondo el quale li ha dicto che se la signoria sua haverà li suoy dinari, quali li sonno promessi volerli dare, che farrà et dirà et non mancharà in cosa alchuna che sia del suo honore et debito, et che de ciò largamente ne ha conferito con luy et pargli che sia ben disposto in verso quella excelsa signoria. Et nuy de quanto sentimo ne pare debito ad darne adviso alle magnificientie vostre. Ex castris nostris Apud Trignanum, die xxi iulii 1452.
Ser Iohannes.
Cichus.

(a) Segue magnicienze vostre depennato.