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694. Missiva di Tommaso da Pianella s.d.

Tommaso da Pianella e Gervaso da Parma narrano le vicende in cui furono implicati quando la gente del duca andò in campo a Cremona. Partiti da Romano per andare ai loro alloggi nel Piacentino, arrivati a Soncino e inteso che le genti d'arme erano presso Cremona, decisero di tornare indietro ma, oltrepassato Soncino, furono assaliti e fatti prigionieri da Luca Albanese e Giovanni da Modiano e da altra gente e riportati a Soncino; pretendendo di portarli dal capitano Michele che li voleva suoi prigionieri a Castelleone, Tommaso e Gervaso dichiararono, in presenza del podestà di Soncino, di essere disposti a rimettersi alla sentenza di Atasimo e di Foschino. Dopo altre traversie, presente Giovanni e Francesco Piccinino, la questione fu rimessa nella mani di Aluisio, capitano ducale, esortato da Moretto a non prendere decisioni senza averne prima sentito lo Sforza. Rivoltosi ad Andrea da Birago Aluisio ebbe come risposta che i due non potevano essere loro prigioneri; Aluiso disse poi a Tommaso e a Giovanni di stare alla sentenza di Pietro Besaza e cioè che Tommaso desse, in dono, un ronzino a Giovanni che, scontento della sentenza, ribadì di volere lui suo prigioniero.

[ 178r] (a) Quando andò la gente del duca de Milano a campo a Cremona, mi, Thomaso da Pianella, et Gervasio da Parma ne partemo da Romano per andare in Piacentina alli nostri allogiamenti. Quando fussemo ad Soncino sentessemo como le dicte gente d'arme erano intorno a Cremona, et nuy, per dubio ciò, ne volevamo tornare indietro, li homini da Sonzino ce dixe dovessemo andare, che non se offendia a nissuno et, essendo nuy passati Sonzino, ce scontrassemo in Lucha Albanese et in Zohanne de Modiano et altre gente del'illustrissimo conte, et ne assaltono; Zohanne da Modiano fu alle mane cum mi, Thomasio, et voleva che mi gli desse la fede et fosse suo presone; et io gli la dedi cum questa condictione che intendeva non potere essere suo presone, et quando la rasone volesse che io fosse, seria suo presone, et non altramente. Et lo simile proprio fece Gervasio da Parma cum Luca Albanese, et cum questo debatto ne menò dentro da Sonzino; et volendoci loro menare denanzi al signore Michele, el quale era capitaneo della illustre signoria, nuy recusassemo volerli andare dicendo non havevamo a fare niente col signore Michele. Et loro se partino et ritornono cum una littera del prefato signore Michele nella quale se contineva como nuy eravamo suoi presoni et volevaci menare a Castellolione, como suoy presoni, per vigore della dicta lettera. Al che nuy respondivimo non volere stare alla sententia del signore Michele, perché non havevamo a fare niente con la signoria soa et che eravamo contenti de stare alla sententia de misser Atasimo et dello signore Foschino, et cossì rimanessimo d'acordio in presentia del podestà de Sonzino, et li dicti Zohanne et Lucha andono a fare li facti suoy, et nuy li nostri. Da poy Zohanne da Modiano, non parendogli volere stare ad questo, scrisse una lettera a mi, Thomaso, como devessi andare a refermargli la fede, o che voleva havere a fare cum mi; al che respondendo, gli rescrisse essere contento et acceptare lo invito del combatere, et se ello haveva a fare altro cum mi, era contento stare a raxone, et la cosa restò cossì. Et dellì ad uno tempo, essendo el dicto Zohanne con lo illustre Francesco Pecinino, rimosse la dicta questione et fo remessa in le mane del magnifico signore [ 178v] Aluyso el quale era capitaneo dello Illustrissimo signore duca de Milano, el quale signor Aluyse ne fo cum Moretto, el quale era stato principio della impresa de Cremona. Et Moreto rispose non potea butare questa sententia perché bisognava se ne parlasse al prelibato illustrissimo signore duca de Milano, et lo signore Aluyse gli ne fece parlare per lo magnifico Andrea da Biragho; et la signoria soa rispose che, per soa fede, non credeva potessimo essere suoy presoni, ma non voleva perhò butare questa sententia, et dixe se dovessero trovare le scripture delle imprese da Cremona le quale dechiarariano queste cose, et non se trovono. Unde el prefato signore Aluyse dixe volere aconzare questa cosa et me dixe volea che mi stesse alla sententia ne butaria Petro Besaza, et simile el dicto Zohanne, et cossì rimanessimo contenti. Et presente el signore Aluyse, Petro Bezaza buttò la sententia che gli dovesse dare uno ronzino, non perché gli fosse obligato de niente, ma voleva gli lo donasse, et buttata la sententia, el dicto Zohanne dixe de novo non volere stare a quella sententia, et io gli respose se ne havesse dece millie delli cavalli, non gli ne daria may pur uno et, volendo luy che io fosse suo presone, me dovesse pigliare, che io era sempre apparechiato da combattere. Et cum queste parole ce partemo dalla presentia del signore Aluyse et per fin hora la cosa è rimasta in questo modo.
Iohannes.

(a) Mancando la carta precedente, così inizia la missiva.