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703. Francesco Sforza a Matteo de Iordanis da Pesaro 1452 luglio 30 "apud Quinzanum".

Francesco Sforza scrive a Matteo Giorani da Pesaro di non essere ancora riuscito a snidare i Veneziani dalle paludi e di avere dovuto pure spostarsi a Quinzano per avere altro erbaggio per i cavalli. Gli brucia ancora la sconfitta di Cavenago toccato a suo fratello Alessandro, più delle perdite, pur contenute, di cavalli e di cariaggi e dice di essere impegnato a riparare i danni. Parla poi della rotta di Guglielmo di Monferrato a Cassine, che fu veramente grande. Accennati i progressi in Toscana dell'Aragonese, lo Sforza insiste perché Firenze chiami Sigismondo Malatesta che potrebbe con le sue genti vincere il re di Napoli, dandogli subito i cinquemila e poi anche gli altri cinquemila promessigli da Angelo della Stufa, cosa che lo indurrebbe a recarsi subito in Toscana. Per il suo mensile vi provvederanno Firenze e Milano. Auspica che venga assoldato Guido di Assisi, da lui raccomandato ai Dieci della Balia. Non manca, infine, di sollecitare Cosimo e Diotisalvi per avere i 25.000 ducati pattuiti con Firenze, di cui cinque sono già ipotecati da Cosimo per i prestiti fattigli; nell'impossibilità della signoria, oltre agli accennati vincolati cinquemila, chiede almeno diecimila scudi in modo da arrestare l'esodo di fanti, balestrieri e cavalli che se ne vanno. Sperare nei 25.000 ducati da Genova è ormai fuor di luogo, perché il doge ha ridotto la promessa a 12.000 ducati.

Mateo de Iordanis de Pisauro.
Respondendo alle tue lettere de dì xxii et de dì xxiii del presente dicimo del bono ordine preso là dela Balia et del dinaro per spendere per questo anno, et per l'altro molto ne piace.
Alla parte de quello ha dicto quello merchadante veneva da Venexia della paura hanno Venetiani che non desfaziamo le sue zente in lo levare, dicimo, da possa che loro se sonno inbuxati in questi paduli, et che non li habiamo poduto cavare fora. Per avere ad fare cum loro n'è stato necessario campezarli intorno, como se faria uno castello, et tanto havimo voltato intorno che pur gli havemo facto stentare et facemo per modo hanno desfacto li cavalli, che gli è stata una mezza rocta.
Hieri se partissimo da Gabiano et siamo qui vinuti ad Quinzano per havere più comodo delle herbe per li nostri cavalli, et se non fusse stato questo caso de Alexandro, nostro fradello, quale ha recevuto questo manchamento et sinistro ad Cavenagho per non havere existimato li inimici, el damno è stato perhò poco se non delli cariazi, fra ogni cosa, circa 150 cavalli; el pezo è stato la reputatione. Actendiamo mò ad fare nove provisione per restorare al damno et ala vergongna; et cussì de qua farimo delle cose che per certo constrengerimo costoro ad partirse de quisti paduli, et del tucto alla zornata advisaremo là.
La rotta del signore Guilielmo è stata verissima; sonno stati guadagnati delli suoy cavalli circa 800 et presoni de taglia più che milli et sue munitione et fanti foresteri circa 500, sonno reaquistate le terre nostre erano perdute, excepto el Boscho, et sonno li nostri a campo alle terre del signore Guilielmo.
[ 181v] Alla parte delli progressi delle gente del Re sonno dellà in lo terreno de quella excelsa signoria, dicimo ch'el parere et ricordo nostro saria che quilli signori facessero vinire el signore messer Sigismondo lì et viniri tucte le sue gente perché, siando unite et non siando in queste gente del Re altro homo principiale che sia et non havendo bonbarda né altro apparechio che habiano da campizare et pigliare terre per forza traversando per li suoy terreni, quali sonno pur forti, non dubitamo se pentiranno essergli vinuti. Ma questa unione de gente voria essere prestissima, prima che costoro aquistassero nido alchuno lì.
Alla parte de Guido d'Assisi haverissimo molto caro quella signoria lo havesso tolto perché è homo da bene et valente et fidelissimo.
Alla parte del dinaro dicimo instati cum quelli signori quanto possibele ve sia et cum lo magnifico Cosmo et cum lo nostro compare Diotesalvi che sa bene li termini et extremità in che ne lassò quando se partì, et quali stenti et passione debiamo havere havuto ad mantenersi fino qui. (a) Siché vogliano operare habiamo questi xxv mila ducati quali a quella signoria è piacuto darci e subvenire a questo tanto bisongno et che, facendo questo tanto servitio, lo faciano ad tempo ne giovi, et non stare tanto che poy non ne havesse ad giovare perché ogni dì se ne vanno delli nostri fanti et balestreri et cavalli che, havendo questi dinari, non se ne andaria nissuno. Siché solicita mò, et insta como el besongno rechede benché, segondo el tuo scrivere, crediamo mò debi essere spazato. Delli xxv mila ne bisongna restituire ad Cosmo ducati v mila ne mandò alli dì passati, li altri ne bisongnano qui. Se voria almeno che Diotesalvi, o ti, vinisse subito a l'avuta de questa, cum x mila, et l'altro restasse per li altri x mila.
El signore messer Sigismondo laudamo como havimo dicto. Per ogni modo se faza vinire in Toschana dandoli quella signoria quelli v mila ducati et poy ducati v mila altri, come quella signoria gli ha mandato a dire per Angelo della Stufa, siamo certi ch'el venerà; ma habbi advertentia che non intendiamo che de quisti xx mila el signore messer Sigismondo non ne habia [ 182r] alchuno perché ne bisognano qui, advisandote che delli xxv mila ducati de Zenoa non ne venimo havere più che xii mila, perché li altri el duxe retene per la segurtade delli fanti et della galea.
Circha lo pagamento mensuale del signore Sigismondo dicimo se li pò dare bona speranza che, como sarrà alle par(t)e dellà, se provederà fra signori Fiorentini et nuy, siché sarrà ben contento. Nuy credimo, havendo li dinari dicti de sopra, ch'el vinirà et farà el dovere. Data in castris nostris apud Quinzanum, die xxx iulii 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) Segue Sighè depennato.