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910. Francesco Sforza a Oldrado da Lampugnano e al luogotenente di Parma 1452 settembre 21"apud Lenum".

Francesco Sforza scrive a Oldrado Lampugnani e al luogotenente di Parma di aver inteso che Gandolfo e gli altri sforzeschi non abbiano potuto entrare a Poviglio, confermando però la sua determinazione a liberare detta località dai Correggesi; perciò, ha ordinato a suo fratello Boso di portarsi subito là con cinque squadre di gente d'arme e crede che al più tardi domenica, tutti passeranno il Po a Cella, sotto Torricella e ha scritto al marchese di Mantova di ordinare a Francesco Gonzaga di trovarsi con Boso. Chiede che all'arrivo di Boso si trovino cernede e fanti pronti ad accompagnarsi ai suoi uomini con qualche cittadino informato di tutto e nel frattempo mandi a Poviglio qualche fante che li rassicuri di quanto si sta facendo in loro soccorso; di tutto più estesamente parlerà loro Desiderio Grosso. Assicura infine di dare risposta gradita agli ambasciatori parmensi, così come provvederà anche all'ufficio delle bollette.

Domino Oldrado de Lampugnano et locuntenenti Parme.
Habiamo recevuto le vostre lettere de dì xx, et inteso quanto ne havite (a) scripto del fatto de Puiglio; al che respondendo, vi dicimo che ne rencresce molto che quelli nostri homini d'arme Gandulfo et quelli altri nostri non siamo potuti intrare dentro da Puiglio per soccorrarlo. Ma, como se voglia, non essendoli intrati, noi però havimo deliberato de soccorrarlo et de levargli in totum quelli da Correzo dale offese loro, considerato de quanta importantia é alla conservatione de quella nostra città; et havimo ordinato che vegna dellà Boso, nostro fratello, cum cinque squadre da gente d'arme al quale havimo scripto che se ne vegna via subito et senza veruna demora, et credimo che sabato, o domenica ad tardius, se troverà ad passare Po cum dicte squadre alla Cella de sotto da Torresella, como li havimo ordinato. Et cossì havimo scripto et ordinato con lo illustre signore marchese che scriva ad miser Francesco da Gonzaga et a quelli soi che sonno dellà che se retrovino impuncto per essere subito cum dicto Boso, per le quale gente d'arme siamo certi che li dicti da Correzo non tanto si levarano da Poviglio; ma etiandio credimo li venirà voglia de guardare et defendere el suo, se poterano, perché per ogni altra via havimo deliberato firmamente da farli pentire del suo mal fare. Ma fra questo che le dicte squadre serano dellà, volimo che fazati aparechiare quel più numero de cernide et de fanti che voi possite per modo che, como zongono dicte squadre, essi fanti et cernide siano impuncto per andare cum loro, et cossì mandarite cum loro qualchuno de quella nostra città, apto a tale fazenda. Et aciochè in questo tempo li homini de Puiglio, como [ 233v] insperanti del soccorso nostro, non habiano affare alcuna novità, volemo che vi debiati sforzare de mandargli dentro qualche fante, (b) o uno o dui o tre ala volta, ad confortare et avisargli de l'ordine nostro, et de queste nostre gente che gli mandiamo al socorso loro. De queste cose ve ne havimo voluto scrivere et avisare per contentamento vostro, aciochè anche possiate confortare quelli nostri cittadini, benché de tucte cose più pienamente havimo informato Desiderio Grosso, al quale poterite credere quanto a noi medesmi. Ceterum se venirano qua da noi quelli doi ambasiatori de quella nostra comunità, quali ne havite scripto voi, miser Oldrado, noi li darimo grata et bona audientia et optima resposta per modo che retornarano contenti et satisfacti da noi et de voi. Al facto che ne scrivite de l'officio dele bollecte de quella nostra città, noi li provederimo per modo che passerà bene. Data in castris apud Lenum, die xxi septembris 1452, hora i noctis.
Bonifacius.
Cichus.

(a) Segue inteso depennato.
(b) qualche fante in interlinea.