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1292. Francesco Sforza ai rettori di Bergamo 1454 aprile 24 Milano.

Francesco Sforza avverte i rettori di Bergamo di aver bandita quella città perché vi imperversa la peste. Si dice sicuro della loro comprensione di tale suo provvedimento, che, ovviamente, esclude le altre località immuni da tale morbo. Li sollecita a volergli, poi, comunicare con ogni sincerità la fine di tale moria, in modo che anche quei cittadini possano entrare nelle sue terre.

Rectoribus Pergami.
Siamo certi doveti molto bene sapere de quanto detrimento, damno et male é casone la moria in le citade, terre et lochi dove ella é, et maxime ad quelli che l'hano provata. Et essendo nuy advisati como in quella citade pur gli ne moreno, et assay de peste, del che ne rencresce et dole grandemente, unde se presentessemo che dicta citade de Bergamo tantum fosse bandigiata dalle terre nostre, non ve maravegliateti puncto, perché'l faremo per fugire ogne inconveniente et damno che potesse seguire per casone della dicta peste, la quale cosa, quando pur accadesse in le nostre terre, ne rendiamo certi ve ne doleria et rencressceria como ad nuy medesmi.
Le altre persone del territorio de Bergamo, dove non é il morbo, possono venire, stare, praticare, et andare inanze et indreto, et quello et ciascaduno altro subdito et homo della illustrissima signoria de Venetia serano sempre da nuy et da tutti li nostri ben veduti et amati como li altri nostri proprii homini. Siché ve ne advisamo acioché, essendo così como n'é refferito et che li sia dicta peste, ne vogliati advisare, perché, como ne fareti de ciò chiari et che in quella città non sia più morbo, che siamo certi ne avisareti del vero, faremo che potranno venire a loro piacere in lo dominio nostro como fanno li altri subditi et homini della prefata illustrissima signoria. Mediolani, die xxiiii aprilis 1454.
Zanninus.
Cichus.