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1358. Francesco Sforza a Sceva de Curte 1454 maggio 7 Milano.

Francesco Sforza ricorda a Sceva de Curte (in sua assenza apra la lettera ed esegua quanto vi é detto suo fratello Benedetto) di avergli scritto, tramite l'uditore ducale Angelo da Rieti, come deve comportarsi nella vertenza di Bartolomeo Pozolo e figli contro Caterina de Canisi da Piacenza, ma, per quel che ha inteso da questa, l'ha messa in una peggiore situazione imponendo alle parti di presentarsi dal duca per esporre i loro diritti, disposizione, questa, rivendica il duca, esclusivamente sua. Vuole, comunque, che Sceva attui quel che si contiene nella lettera scritta da Angelo da Rieti e, alla parte che lamentasse ingiustizia, dica di andare dal duca, che gli farà fare il dovere. La conclusiva raccomandazione rivolta a Sceva, e a chi il duca scrive, é che si esegua la sua volontà "et non giosarla".

Domino Sceve de Curte, et in eius absentia aperiantur et exequantur per Benedictum, fratrem suum.
Ve scripsemo l'altro per una nostra lettera facta per mano de Angelo da Riete, nostro auditore, quello era nostra intentione dovesti seguire in la differentia et controversia vertente tra Bartolomeo Pozolo et figlioli per una parte, et Caterina de Canisi da Piacenza per l'altra. Et per quello che novamente intendemo per lamenta de dicta Caterina, non solum non (a) haveti facto quello ve havemo scrito in suo favore, ma l'haveti missa in novo litigio con havere facto comandamento a dicte parte che vegnano con le loro rasone qui da nuy; dela qual cosa molto me meravigliamo perché dovevati obedire le nostre lettere et lassare il caricho a nuy del'altra parte se se lamentasse, attento che in ogne modo poy l'haveressemo facto administrare rasone; et questa provisione che haveti facta [ 365r] de fare venire qui le parte da nuy, la haveressemo saputa fare senza vuy, como fecemo l'altro dì. (b) Benché me pare intendere la casone molto bene, et perché la dicta nostra lettera non é stata exequita da vuy, ma como el se sia, volimo, remossa ogne casone et exceptione, desiati mandare ad effecto quanto se contene in dicta lettera facta per mano del dicto domino Angelo; et se l'altra parte se lamentasse de iniustitia, diceti ch'el venga da nuy perché gli faremo fare il dovere, siché meritamente non se potrà dolere. Ma sopra ogne cosa intendemo che vuy, Sceve, et ciascuno a chi scrivemo, debia exequire la nostra voluntà et non giosarla. Data Mediolani, die vii maii 1454.
Leonardus.
Iohannes.

(a) non in interlinea.
(b) Da como a di ripetuto.