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1590. Francesco Sforza al podestà di Geradadda (1454 giugno 21 Milano).

Francesco Sforza vuole che il podestà di Geradadda intervenga perché il suo cameriere Gicomo da Corte e suo fratello, figli del quondam de Cavalchinis da Corte possano, sentite le parti, realizzare i considerevoli crediti che hanno con quella comunità e con persone avvalendosi della procedura sommaria.

[ 424r] Potestai nostro Glareabdue.
Iacomo da Corte, nostro carissimo camorero et suo fratello, fioli quondam de Cavalchinis da Corte, ne hanno significato che sonno creditori de quella comunità et anche de singulare persone de notabile quantità de dinari per diverse et varie casone, como più a pieno seray informato da loro, o da uno d'essi; et non potendo consequire il dovere loro ne domandano gli provediamo de opportuno remedio et ragione, quo mediante, vegnano ad essere satisfacti. Per la qual cosa volimo et te (a) commettemo che, vocatis vocandis et intellectis iuribus partium, faci rasone summaria, simpliciter, et cetera, ita che dicti fratelli exponenti infra più breve termine sia possibile consequiscano el debito loro pagamento. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) te corretto su ve.