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1610. Francesco Sforza al conte Giorgio de Arcellis 1454 giugno 25 Milano.

Francesco Sforza ammonisce il conte Giorgio de Arcellis che il suo proposito di vendere i suoi beni é sbagliato, perché non ha nessuna possibilità autonoma di disporne, siccome essi sono stati confiscati dalla Camera ducale al tempo di Filippo Maria Visconti e successivamente da lui, duca. E', invece, intenzione del duca di consentire che ne beneficino, vita natural durante, sia lui che suo fratello, alla cui morte la sua porzione s'accorperà alla sua per essere poi il tutto riassorbito dalla Camera ducale alla sua scomparsa, siccome lui non ha figli. Sappia che, attualmente, ogni alienazione di tali beni senza la licenza ducale é ex nunc, prout ex tunc, nulla e tutto avverrà a danno del compratore e sua.

Comiti Georgio de Arcellis.
Nuy havemo inteso che vuy procurati, overo a suggestione de alcuni ve seti mosto ad volere vendere et alienare delli beni, quali vuy teneti de presente; la qual cosa a nuy non pare ben facta, né etiam tolerabile, perché vuy sapeti dicti beni et possessione che vuy teniti sonno nostre per essere stati longo tempo, pleno iure, applicate et confiscate ala Camera del quondam illustrissimo nostro patre et socero, et successive ala Camera nostra. [ 429r] Et per lo amore et affectione quale havemo portato et portiamo ala Casa vostra, remanemo contenti lassarle a vostro fratello et a vuy et remettervi ambi duy vuy in casa et in possessione d'essi, con dispositione et iurisdictione che li dovesti tenere et goldere in vita vostra; et essendo morto vostro fratello, et remasto vuy senza fioli, como vuy seti, sapeti dicti beni, decedendo vuy, recadeno ala Camera nostra. N'é parso de avisarve, adunque, che a nuy non piace che vuy faciati vendite, alienatione, né altro contracto de dicti beni, imo ne pare debiati conservarli et circarli de bonificare perché cederà in vostro honore. Et così per questa ve dicemo et comandiamo, certificandove che, facendo vuy vendite, alienatione, o altro contracto de dicti beni, o d'alcuni d'essi senza nostra expressa licentia, nuy intenderimo, et così intendemo dicte vendite, alienatione, o altro contracto ex nunc, prout ex tunc, essere nulle et seu nullo; et faremo perdere li dinari al compratore, et a vuy faremo delle cose che ve despiacerano. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.