Registro n. 16 precedente | 1653 di 1825 | successivo

1653. Francesco Sforza al podestà di Pavia 1454 luglio 1 Milano.

Francesco Sforza accusa ricevuta dal podestà di Pavia, oltre che dal suo vicario e dai suoi giudici della trasmissione della descrizione dei beni di Oliviero di Cremona con la relativa indagine. Si dice stupito che gli abbiano inviato un'indagine non autenticata, né sottoscritta da un notaio, Non appare che lui, podestà, come anche gli altri abbiano imposto a Oliviero il ius iurandum veritatis; se ben riflettono su quel che il maestro ha detto, non risulterà delitto né falso di monete, sia di quelle che egli aveva addosso che di quelle indicate nella descrizione, per cui non v'é appiglio giuridico di sorta per giudicarlo. Se questa é la diligenza della corte podestarile, non c'é di che rallegrarsi circa il suo modo di far giustizia. Il duca gli ordina di ammonire i sudditi a comportarsi diversamente e a rifare nuovamente detta indagine, rispedendola poi in debita forma e in modo che si possa intendere la verità di quanto accertato. Gli facciano pure avere la debita informazione, richiesta nei giorni scorsi, circa i fatti di Tomino Landolfi.

[ 440r] Potestati Papie.
Havemo havuto la vostra lettera con descriptione de li beni de quello maestro Oliviero da Cremona et etiam del suo examine; del che commendiamo asay la diligentia vostra, sia del vicario et iudice vostri. Se maravegliamo che ve habiano mandato il dicto examine (a) così serialmente et nudamente e, primamente, perché dicto examine, quale el se sia, non hanno mandato in forma autentica, né sottoscripta per lo notaro che facia fede alcuna, Secundo, non ne appare che al dicto maestro Oliviero, né per vui, né per essi, sia stato dato il sacramento de veritate dicenda, como se convenia et de rasone et de bona consuetudine, inanti che gli haveti posto altramente pagura.
Tercio, che se gli guardati bene per quello che habia dicto maestro Oliviero, (b) in lo dicto examine confessato, non ne appare de delicto, né falsata alcuna, né dice che quelli pochi novini trovatoli adosso, né quelli altri delli vintiquatro ducati che gli mandò il patre, né etiam quelle libre 198 retrovate mò in la descriptione, siano bone, né false; non sapemo ad che attacarse quando vogliamo che de ciò se facia rasone, et se queste sonno delle diligentie della corte vostra in li facti nostri, li quali ve mandiamo spetialmente, assai possiamo intendere como passano le altre pertinentie ali subditi nostri et ala iusticia publica. Pertanto volimo che amoniati li dicti nostri subditi a portarse per altra via et far fare lo examine predicto de novo; et mandatenelo in forma che non siano date le mosche in mane, ma sia autentico et possiamo intendere lo fondamento (c) et verità de questo facto, con darli molto bene a vedere che vogliamo sinceramente da nostri officiali esse serviti et obediti, et che faciano rasone indifferentemente et con debita diligentia ad caduno, et etiam ne mandariti ogne informatione che habiati presa, como ve scripsemo ali dì passati, in li (d) facti [ 440v] de Tomino de Landolfi; la qual cosa deliberiamo volere intendere. Data Mediolani, primo iulii 1454.
Persanctes.
Cichus.

(a) Segue che depennato.
(b) maestro Olivero in interlinea su examine depennato.
(c) Segue della depennato.
(d) In A gli con g depennata.