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17. Francesco Sforza a Luchina dal Verme (1453 agosto 3 "in castris nostris felicibus apud Gaydum").

Francesco Sforza informa Luchina dal Verme che Leone degli Arceli si è lamentato perdei fanti inviati a chiedergli la decima del vino degli scorsi quattro anni e a pretendere la decima delle biade di quest'anno, nonostante che la vertenza, non ancora risolta, su tale decima sia stata da lei affidata a Filippo Confalonieri e presentata all'auditore ducale Angelo da Rieti. Il duca ritiene ragionevole che, senza dare ulteriori noie a Leone di fanti e spese, Luchina si rivolga per soddisfazione delle sue pretese ad Angelo da Rieti o a un altro giudice competente.

[ 7r] Magnifice affini nostre carissime domine Luchine de Verme, comittisse, et cetera.
Se è agravato con nuy Leone degli ArceIi che gli habiate mandato fanti a casa, al luogo dela Salla ad agravarlo e darli spexa per domandarli la decima del vino de quatro anni passati, oltra che gli habiate facto tolere la decima dela biava de questo anno presente, allegando che altre volte, siando differentia fra vuy et luy per cagione de tale decima fo cometuta la causa per messer Filippo Confanonero in nome dela vostra magnificentia, et luy a messer Angelo da Reate, nostro auditore, la quale non ha fin a mò potuto diffinire per non essere sollicitata. Per la qual cosa a nuy pare cosa ragionevole e conveniente che gli debiate far relevare la spexa e molestie de dicti fanti, et anche farli ogni novitate revocare quale gli fusse superinde facta; et pretendose la vostra magnificentia havere ragione in Ii beni de dicto Leone farla domandare denanti a dicto messer Angelo, a cui se dice essere commettuta de consensu partium aut dena(n)te ad altro iudice competente. E più honesto parirà a ogni homo che farve ragione da voi estessa. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.