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1792. Francesco Sforza a Tiberto Brandolini (1454 luglio 21 Milano).

Francesco Sforza narra a Tiberto Brandolini di essere stato informato dal podestà di Magenta che, partiti da lì Giacomo e Antonio dalla Valle di Vegegio, furono, lungo la via, feriti e poi ripararono a Pezeto per guarire, ma capitò che detto luogo venisse saccheggiato e i due poveretti furono fatti prigionieri e sono ora nelle mani di suo genero Pallavicino, che ha posto su di loro una taglia. Siccome trattasi veramente di poveracci portatisi a Pezeto per guarire, é inumano quel che da loro si pretende e, perciò, chiede a Tiberto di farli liberare senza alcun pagamento.

[ 480r] Magnifico domino Thiberto Brandolino.
Già sonno passati alcuni giorni, secundo che nuy siamo informati dal nostro potestate de Mazenta, che, partendose da Mazenta Iacomo et Antonio della Valle de Vegegio, forono in via assasinati et feriti, et puoi, reducendose loro a Pezeto per guarire, e gli intervenuto al dicto loco de Pezeto el caso del sacomano per lo quale dicti poverhomini pare siano facti presoni et capitati nelle mane de domino Iohanne Francesco Palavicino, vostro genero, qual, secundo siamo informati, hagli posta la taglia. Et perché nuy habiamo informatione che veramente sonno poverhomini et che, andando circando de guadagnare, li intervenne lo (a) predicto assasinamento, considerato che, essendose reducto in dicto loco de Pezeto per guarire et non per niun'altra casone, ne paria inhumana cosa farli maltractamento, però confortiamo et caricamo la magnificentia vostra che gle piacia de farli liberare et relaxarli senza pagamento de taglia, como é debito et honesto, li dicti poverhomini acioché possano andare ad guarire et aquistarse la vita soa. Mediolani, ut supra.
Bonifacius.
Cichus.

(a) Segue caso depennato.