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218. Francesco Sforza a Moretto di Sannazzaro (1453 settembre 3 "apud Gaydum").

Francesco Sforza scrive a Moretto di Sannazzaro quello che oralmente ha comunicato a suo cognato, il conte Bartolomeo, e cioè di aver scritto ad Andrea da Birago perchè esortasse i suoi (di Moretto) uomini a essere paghi del temporaneo comando di Filippo Visconti, considerata la malattia di Moretto e il "tristo regimento che era et è fra loro" con nessuna soddifazione del duca. Siccome ora la compagnia è guidata da persone scelte da Moretto, il duca vuole che costui ordini ai suoi uomini d'arme di stare insieme e di eseguire ciò che sarà loro comandato, evitandi di bighellonare per la Lomellina per evitare di essere carcerati con la perdita delle armi e dei cavalli. Li accerti, poi, che avranno i denari che loro spettano.

Domino Moreto de Sancto Nazario.
Havemo inteso quanta per vostra parte et compagnia vostra ne ha referito el conte Bartholomeo, vostro cognato; et quantumque a luy a bocha habiamo resposto quanto bisogna, pur ve diremo queste poche parole. Nuy scripsemo l'altro dì ad Andrea da Birago che volesse confortare Ii vostri homini d'arme ad restare contenti del governo del domino Filippo Vesconte, attento la vostra infirmità et lo malo et tristo regimento che era et è fra loro per modo che de dicta compagnia havemo havuto pocho servitio fin a tanto che vuy fosti libero et habile al cavalcare; mò, veduto vuy non contentarve de dicto governo, restamo anchora nuy contenti che la dicta vostra compagnia sia governata et regulata per quelle persone che vuy li deputarite. Ben volemo et ve caricamo et stringemo che vogliati far tale commandamento ali vostri homini d'arme et darli tal ordine che habiano ad stare uniti insieme et obedire et exequire quello Ii serà commesso et ordinato per Ii nostri sonno in Alexandria et per Ii capi Ii deputariti, sichè ogni dì non vadino et venghino in Lomellina, como hanno facto per lo passato, advisando voi et Ii dicti vostri homini d'arme che nuy serveremo tal modo da qui inanzi che quanti de loro venarano senza licentia de qua da Po, tucti serano carcerati et toltoli Ie arme et cavalli et tractati pegio che inimici; et largamente monstrateli questa Iettera perchè senza niuno fallo faremo observare quanto havemo dicto. Et se vuy et loro dicesti che anchora non hanno hauto Ii loro dinari, de questo non dicemo el contrario; [ 58r] ma vuy posseti essere certissimi che tuto quello restati ad havere el conseguiriti et senza mancamento alcuno; et nuy del canto nostro non Iasserimo mancarli cosa veruna finchè haveriti el compito pagamento. Data ut supra.
Facinus.
Iohannes.