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26. Francesco Sforza alla duchessa Bianca Maria 1453 agosto 5 "in castris nostris felicibus apud Gaydum".

Francesco Sforza comunica alla duchessa che i gentiluomini da Fontana, cittadini di Piacenza, l'hanno informato di una causa che si trascina da tempo fra loro e i gentiluomini della Somaglia, causa dalla duchessa affidata a Sceva de Curte su istanza degli stessi della Somaglia. Di detta costosa causa "non resta altro nisi dare la sententia," ma, siccome i della Somaglia temono di uscirne perdenti, hanno supplicato il duca per un rinvio della causa fino alla sua venuta a Milano, rinvio, che egli ha loro concesso in considerazione del fatto che Sanguinetto è al campo. Per un medesimo rinvio si sono rivolti alla duchessa, ottenendone "lettere di comissione ali Maestri (...) delle intrate straordinarie". Tanto comportamento disonesto dei della Somaglia induce il duca a informare la duchessa della sua deteminzione di far portare a termine la causa da Sceva, che sa essere uomo che in questa faccenda non vuole che giustizia.

[ 9v] Illustrissime domine ducisse Mediolani.
Nomine deli zentilhomini da Fontana, nostri citadini de Piasenza, n'è stato significato con gravissima querella che, essendo vertita già longo tempo differentia fra essi e li zentilhomini dala Somalia, la quale causa la vostra signoria alias la commisse al spectabile messer Sceva da Corte ad instantia d'essi zentilhomini dala Somalia e con grandissimo affanno e spese, processo in causa in modo che non resta altro nisi dare la sententia, li dicti zentilhomini dala Somalia, dubitandosi succumbere in causa, per dedure la cosa in longho e fugire el iudicio, hanno ad uno trato havuto da uno tanto recorso da nuy et supplicato suspendessemo la causa fine ala venuta nostra a Milano, et ge la havemo concessa ad nostro beneplacito, considerato che Sanguinolo sta occupato qui in campo. Dal'altro canto hanno supplicato ala signoria vostra e da quella obtenute lettere de comissione ali Maestri nostri dell'intrate extraordinarie. Dela qual cosa, non parendo honesta, nè che sia stata vostra intentione, ne havemo voluto avvisare la signoria vostra et carrichare che in questo facto, voglia havere debita consideratione ed advertentia et provedere che, essendo proceduto in causa fin al proferrire dela sententia, como se dice, la cosa vengha ad essere terminata per il prefato messer Sceva, el quale l'à examinata, ut asseritur, et bene intesa; et quello homo che è che non si de' stimare che facesse altro in questo che quello che vole iustitia. E questo ne pare se habia a scrivere per la signoria vostra al dicto messer Sceva e sarà utile ale parte non havere a principiare altro litigio novo. Data in castris nostris felicibus apud Gaydum, die v augusti 1453.
Thomaxius de Angeli.
Cichus.