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261. Francesco Sforza al pavese Iacobo Zaso (1453 settembre 18 "apud Gaydum").

Francesco Sforza risponde al pavese Iacobo Zaso, che si lamenta per non avere ancora proceduto con "quelle rigitade", richieste dal criminale tumulto cittadino, che non si può far tutto "in uno dì", tuttavia apprezza il suo amore per lo stato. Lo assicura che stimolerà di nuovo il podestà e il capitano di giustizia ad agire e dare una punizione ai colpevoli di cui tutti prenderanno atto.

[ 67r] Iacobo Zazio, civi nostro Papiensi.
Havemo recevuto Ie tue littere per le quale intendemo che'l non se procede in el facto de quello tumulto con quello modo se doveria, nè se gli servano quelle rigitade che rechiede tale atto, e così scandaloso, como fo quello, el quale meritaria bona et severa punitione; dele quale ve comendiamo e rengratiamo asay, comprendendo noy che ve moveti con fervente amore e desiderio del nostro bene et de quella patria. Ma non possimo credere che non se ne facia tale e tanta demonstratione con effecto che Ii cativi remarano puniti del loro errore, et Ii boni vederano piliarse forma al ben vivere per quello che havemo scripto et repplicato ali capitaneo de iusticia et podestà lì; e non I'havendo facto fin a mò, non è troppo da maravigliare, perchè non se pò fare ogni cosa in uno dì, ma novamente, per lo recordo vostro gle scrivemo e talmente gli scaldamo circha ciò che siamo certi ne vederiti bonissimo effecto. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.