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313. Francesco Sforza ad Angelo Simonetta 1453 settembre 27 "apud Gaydum".

Francesco Sforza conferma ad Angelo Simonetta di aver preso atto di quanto Benedetto Doria ha riferito a re Renato e del parere dato dal sovrano, che poi tutto gli ha fatto sapere per scritto e a viva voce mediante il vescovo di Marsiglia, per il cui tramite il duca ha, a sua volta comunicato quanto ha fatto e fa a beneficio del doge di Genova. Siccome vuole che Angelo sia aggiornato della faccenda genovese, il duca gli rivela di aver chiesto a Giovanni Filippo, rinviandogli i suoi messi Otto e Prospero e mandandogli Giovanni dalla Guardia, di metter fine alle offese che fa al doge, dicendosi pronto ad attaccarlo se non la smettesse. Non solo, ma ha rimandato il messo di Ludovico Campofregoso con la sollecitazione da parte ducale di abbandonare Giovanni Filippo, come, peraltro, ha saputo che altrettanto vogliono i Fiorentini. Informato dal vescovo che re Renato vuol mandare un suo messo a Giovanni Filippo, il duca ha deciso di farlo affiancare da un suo inviato. A questo fine manda ad Angelo due fogli con la sottoscrizione ducale per "doe lettere de credenza", l'una al doge e l'altra a Giovanni Filippo con quanto (per evitare equivoci) detto ai menzionati Otto, Prospero e dalla Guardia. Il duca poi farà rimarcare al sovrano il vantaggio che ne deriverà dalla cessazione della guerra di Giovanni Filippo: non dubita che allora i Genovesi "fariano anchora spesa delle decemilia ducati che tochano ad loro et ad nuy". Siccome non si può accontentare Benedetto Doria, lo Sforza suggerisce al re di volerlo ora portare ("como da sì") fin dal duca, nella speranza di rimandarlo poi a Genova del tutto contento. Il vescovo di Marsiglia fa forti insistenze da parte del re per contribuire alle spese di Guglielmo di Monferrato che per cinque mesi ammontano a 3000 ducati, avendo il sovrano già scritto a Genova e a Firenze per una quota di mille ducati mensili. Ad Angelo il duca affida il compito di perorare l'esenzione di tale spesa, dicendosi, però, disposto, in caso di rifiuto, a versare 1000 ducati mensili, e non dimenticando di sottolineare d'aver già dato 1000 ducati al fratello di Guglielmo, Bonifacio e, comunque, assicura che si troverà modo di trovare, a tempi debiti, i restanti 4000. E, a proposito di Bonifacio, insiste perchè il Simonetta faccia osservare al re la necessità che Bonifacio "meni più gente con sì del signor Guglielmo che sia possibile", perchè così "li dinari non se spenderano indarno". Altrimenti sarà sempre possibile un voltafaccia di Guglielmo per impadronirsi di Alessandria, mentre a Bonifacio non sarà difficile passare dai Veneziani.

[ 81v] Angelo Simonete.
L'altro heri recevessemo la toa lettera de dì xxi del presente per la quale restamo advisati de quanto haveva referito ala mayiestà del Re domino Benedicto Doria, et cossì del parere et voluntà d'essa mayestà et toa; el quale Re ne ha scripto anchora sopra ciò per soa lettera et mandato a dire a bocha per lo reverendo monsignore lo veschovo de Marseglia assay largamente; et per esso monsignore mandiamo a dire al prefato Re quello havemo facto et facemo de presente et quanto se pò fare in benefitio delo illustre duxe de Zenoa perchè se mantenga in quello stato; et cerca ciò la resposta che facesti al prefato Re n'è molto piaciuta. Et perchè intendi quello che de presenti havemo operato et operiamo in adiuto del dicto duxe, te advisamo che, havendo mandato qui Zohanne Filippo uno messer Otto et un altro Prospero, suoi messi, Ii havemo mandato a dire largamente et per loro et per Zohanne dala Guardia liberamente l'animo et l'ultima voluntà nostra che, se'l non se leva dale offese del predicto duxe, nuy li faremo fare guerra mortale, se ben dovessemo lassare questa impresa. Anchora havemo mandato a dire a domino Lodovicho da Campofregoso per uno suo messo, quale mandò qui ad nuy, et etiamdio scripto caldamente per nostre Iettere che omnino se levi dali favori del dicto Zohanni Filippo et se ne retorni ad casa, et così anchora ne è stato scripto et mandato a dire per parte deli signori Fiorentini, el qual non dubitamo ch'el se leverà subito dale offese del prefato duxe. Per le quale cose se rendiamo certi che dicto Zohanne Filippo se destolerà da quella impresa et se retrarà verso casa soa et se inclinerà a fare la tregua con esso duxe, et deinde con li boni modi che se usarano, se condurà voluntera ad venire a bono asecto con esso duxe. Et perchè el prefato monsignore ne ha rechiesto per parte del Re che, havendo deliberato la mayestà soa, per più aconzo dele predicte cose, mandare [ 82r] uno suo al dicto Zohanne Filippo, vogliamo anchora mandare un altro per parte nostra con lo dicto suo. Et havendoli nuy respuosto che nuy semo molto contenti de mandargelo, volimo che tu trovi una persona sufficiente et intendente et, intendendote con la prefata mayestà del Re de quello gli pare se mandi a dire al dicto Zohanne Filippo; et al duxe li faray fare una instructione per nostra parte de quanto haverà a dire et fare. Et azò ch'el sia creduto, te mandiamo qui alligati duy fogli sottoscripti de nostra mano in li quali faray fare doe lettere de credenza directive ali dicti duxe et Iohanni Filippo in persona; de che manderay referendo et confirmando la ambaxiata con quello li haverano per nostra parte referito li predicti suoi messi et Iohanne dela Guardia, azò che non Ii segua cosa alcuna contradictoria.
Apresso havemo dicto et recordato al prefato monsignore che per non potersi al presente satisfare al dicto domino Benedicto circha le rechieste soe, ne pare ch'el sia meglio ch'ella mayestà del Re, como da sì, lo induchi a menarlo con sì fin qui, che lassarlo retornare a Zenoa non ben contento, perché, venendo qui per Ie cose favorevole succederano sì in questa impresa, sì per la partita farà domino Lodovico predicto dale offese del duxe, como è dicto, sì per Ie respuoste che facilmente haveremo da Zoanne Filippo, che anchora luy (a) haverà mutato proposto, sì anchora per quello che fra la mayestà del Re et nuy li daremo, speramo remandarlo ben contento et satisfacto. Sichè, conferendo de questo et dele altre cose dicte de sopra con lo magnifico domino Angelo, nostro compare, poray dire de questo nostro parere ala prefata mayestà del Re, confortandola omnino che operi, con quelli megliori modi che li parerà, ch'el conduchi de qua el dicto domino Bonifatio, non monstrando con veruno altro che questo sia nostro motivo.
Ceterum el sopradicto monsignore ne ha molto astrecti per parte dela mayestà del Re che nuy vogliamo per una parte contribuire ala spesa del signore Guiglielmo, quale è per infino a ferraro, che sonno mesi cinque a iii milia ducati per mesi, et che luy ha scripto a Zenoa et a Fiorenza che ancora loro contribuiscano per ducati mille per pasto el mese, et che con effecto [ 82v] vogliamo ordinare et scrivere che la rata nostra delli mille ducati se paghi mese per mese. Et perché, Angelo, tu say quanto havemo el podere de fare questa expesa, ne pare, et così vogliamo debbi servare modo con la prefata mayestà del Re et per ogni altra via te parerà, che nuy non siamo strecti et obligati a far dicta spesa, ma che se veda de adaptare quando el sia possibile che altri la pagasseno, ma pur quando altro fare non se possa, nuy restamo contenti de pagarli, et porai dire como già havemo comenzato a pagare li mille ducati dati al signore Bonifatio, et lo resto, che seriano iiii milia ducati, se troverà el modo de pagarli aIi tempi, ma che sapesse adaptare la cosa; et levandose via la guerra de Zohanne Filippo, non dubitamo Zenoesi fariano anchora questa spesa delli x mila ducati che tochano ad loro et ad nuy. Vogli sopra tute l'altre cose confortare la mayestà del Re che gli piaza servare modo ch'el signore Bonifatio venga via presto et ch'el meni più gente con sì del signore Guiglielmo che sia possibile, perchè, primo, ne caveremo qualche utilità, et li dinari non se spenderano indarno, et poi ne parerà essere più securi del dicto signore Guiglielmo, perchè, quando se vedesse debile de gente dellà, non li bastaria l'animo a pigliare impresa alcuna contra nuy; ma quando el fratello fusse de qua in pochi et volendo luy far male, faria fugire el dicto suo fratello dal canto de Venezia, et possendo torre Alexandria, se la torria, et non guardaria ale roche de San Salvatore et Borgo San Martino, quale seriano da per loro assidiate. Parne anchora che debbi indure la mayestà del Re a vedere de havere in le mano la rocha et Cassine, attento ch'el ne fo dato ad intendere che l'haveria in le mane doe altre forteze de quelle del marchexe, ultra quelle de San Salvatore, perché vinceressemo de quelle cose dellà tanto più securo. Data apud Gaydum, die xxvii septembris 1453.
Iohannes.

(a) Segue meterà depennato.