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317. Francesco Sforza a Bolognino de Attendolis 1453 settembre 29 "apud Gaydum".

Francesco Sforza scrive a Bolognino de Attendolis di aver fatto di tutto per scoprire i colpevoli del tumulto scoppiato a Pavia e, per ultimo, ha mandato il capitano di giustizia. Ha saputo che questi non si muove affatto celermente, ma ha, anzi, intascato cento ducati. Il duca vuole che si accerti di ciò e, cautelosamente sottoponga a stretto interrogatorio il vicario del podestà, che, da quel che ha inteso, è informato di questa faccenda.

Comiti Bolognino e Attendolis.
Havemo fata quanta instantia sia possibile per sapere quali sonno stati li principali colpevoli et incitatori de quello tumulto fato in quella nostra cità et li dì passati per la giostra del rectore per farli punire, como rechiede tale e cossì fato scandaloso acto; e como potete havere inteso nuy havemo facto celere e strecte comissione circha ciò e facto venire lì el capitaneo de iusticia per questa casone. Ma perchè siamo avisati ch'el dicto capitaneo non procede così virilmente et animosamente como gli havemo comesso et como rechiede la cosa et anche che l'à recevuto tributo de cento ducati, tanto siamo desiderosi de sapere se l'è vero o non, quanto may fussemo de veruna altra cosa del mondo. E pertanto volimo e ve caricamo per quanto havesti may voglia de farne cosa che ne sia grata che secretamente ve inzignati se è vero o non ch'el dicto capitaneo habia receputo tributo veruno; et perchè sentemo ch'el vicario del nostro potestà de quella nostra cità debbe essere informato de questo tale tributo delli cento ducati, volimo che subito mandati per lo dicto vicario secretamente e tentate per ogni via e modo e per ogni instantia, industria et inzegno de cavare da luy quanto ne sa, admonendolo sopra ciò che per quanto haverà cara la gratia nostra, non ne parli con persona alcuna se non con voy, avisandone subito de quello potriti trovare sopra ciò et procedendo quanto più secretamente potriti perchè questa cosa non vada a no(ti)tia del dicto capitaneo, nè d'altri. Data apud Gaydum, die xxviiii septembris 1453.
Ser Iacobus.
Cichus.