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377. Francesco Sforza ai deputati agli affari della comunità di Pavia (1453 ottobre 16 "contra Pontevichum").

Francesco Sforza ai deputati agli affari della comunità di Pavia che lo incitano ad annullare il processo contro i fautori del trambusto che sconvolse Pavia e gli ricordano di avergli consegnata una città ben unita e che tale vogliono che si conservi, risponde che i suoi interventi mirano appunto a tale unità. Richiama loro di avere precedentemente reagito alle informazioni dei cittadini che deprecavano i malissimi costumi invalsi perchè tentassero di persuadere ogni uomo a ben vivere. Tutto ciò non è invalso che a far dubitare, passata l'Avemaria i buoni cittadini ad andare per la città, che pareva ridotta a "una speluncha da latroni con grandissimo mancamento del honore" ducale e sconforto dei buoni cittadini. Li esorta, perciò, a consentire che la giustizia faccia il suo corso "segondo la commissione fate al (...) capitaneo iustitia e podestà d'essa (...) cità".

Deputatis negociis comunitatis civitatis Papie.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale, como possemo comprehendere, mosti de compassione et amorevoleza, ne persuadeti e domandati con instantia che vogliamo remettere li errori e mancamenti a quelli comissero, aIi dì passati, tanto tumulto in quella nostra cità et anullare et remettere ogni processo contra loro superinde facto; et hoc per li respecti alegate in esse vostre lettere, deIe quale ve comendiamo e piacene el vostro scrivere, rendendoci certissimi [ 109v] che in tuto ve moviti a bona fine, et così l'aceptamo in ogni bona parte. Et perchè ne recordati anchora che voy ne datisseno quella cità ben unita et ne recordate il volerla conservare così, ve dicemo che, habiando nuy, già più mesi (a) passato, informatione e daIi vostri vicini e consorti, quali hanno voglia de ben vivere, delli tristissimi modi e malissimi costumi e cativarie se commettevano in quella nostra cità in preiuditio delli boni, li quali quasi dubitavano, passata l'Avemaria, andare per la cità, mandassemo per nostre lettere, scrissemo humanamente et per ogni modo a noy possibile persuadessemo ad ogni homo de ben vivere che nulla è valso, ymo tantum invaluerat el mal fare che hozi may pareva fosse quella nostra cità una speluncha da latroni con grandissimo mancamento del'honore nostro, desolatione de quelli boni citadini hanno voglia de ben vivere et, se'l ge mancava altro, non ricordamo el tumulto commesso aIi dì passati, perchè ve è noto e como credemo molesto sicut a noy, che non è puncto da comportare, siando nuy in ferma opinione et proposito de tenere la cita unita come voy ne recordati havervela data. Et perchè l'havemo carissima sopra l'altre et gli desideramo ogni bene, sianno disposti ch'el se facia ragione et iustitia indeferenter segondo Ie commissione fate al nostro capitaneo de iustitia e podestà d'essa nostra cità; dela qual cosa siamo certi che ve trovariti ogni dì più contenti, nè veruno se potrà may lamentare, non gli facendo altro cha ragione. Sichè ve confortiamo ad havere pacientia et lassare procedere con la ragione contra quelli che se trovane in defecto perchè ne sentireti seguire tale fructo che sempre ne remariti consolati. Data ut supra.
Ser Iacobus.
Cichus.

(a) mesi in interlinea su tempo depennato.