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756. Francesco Sforza a Domenico da Pesaro, podestà di Castell'Arquato (1454 gennaio 13 Marcaria).

Francesco Sforza ordina a Domenico da Pesaro, podestà di Castell'Arquato, di non procedere contro il tesoriere di quella terra, Pietro da Raymondo, cui aveva comandato, sotto pena di ribellione, di portarsi subito da lui per ovviare allo scontento dei Gottolenghesi che si dicevano insoddisfatti dei denari ricevuti dagli Arquatesi sulla somma loro assegnata dal duca. Pietro aveva obbedito portandosi a Cremona ove, però, non trovò nessuno (neppure il duca), perchè l'una e l'altra parte s'era accordata (ed era "la cosa per la quale", confessa lo Sforza, "nuy lo volevamo"), se n'era tornato indietro.

Dominico de Pisauro, potestati nostro Castriarquate.
L'altro dì, essendo nuy ad Cremona, perchè se lamentaveno Ii homeni de Gottolengo non potere essere satisfacti da quelli homini de Castelloarquato delli dinari per nuy a loro assignati Iì, te comettessemo dovesse comandare ad Petro da Raymondo, texaurero de quella terra, sotto pena de rabellione che'l fosse da nuy incontinenti et, secundo luy ne dice, como hebbe el comandamento vene ad Cremona; et trovando eramo partiti da lì et che quelli homini de Gottolengo erano remastI d'acordio con li homini de Castello Arquato, compagni del dicto Pietro, se ne tornò ad casa senza venire da nuy, per la quale cosa monstre che tu lo vogli condamnare. Pertanto volemo, se così è, che la condemnatione che tu li vole fare sia per questa casone, non procedi più ultra, nè gli daghi per questo più impazo alcuno, considerato che la cosa per la quale nuy lo volevamo à sortito effecto, et anche la sua venuta ad Cremona ha demonstrato luy non volere obedire. Data ut supra.
Iohannes Chiapanus.