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909. Francesco Sforza al provveditore di Crema (1454 febbraio 9 Milano).

Francesco Sforza scrive al provveditore di Crema bollando come "molto desoneste et iniuste" le sue lettere per aver addossato a lui la violazione dei salvacondotti in possesso degli uomini di Romanengo. Lo Sforza rivendica di non aver mai deliberatamente commesso verun eccesso "contra la fede (dei) salviconducti" e se"casualiter" vi mancò, intervenne subito quando se ne avvide. E', invece, palese in tutta la Lombardia che lui, provveditore, "pensatamente" ha violato i suoi salvacondotti, come possono anche testimoniare gli uomini di Castiglione, non solo, ma la stessa cosa possono certificare quelli di Lodi, contro i quali fu fatto rappresaglia per "uno bove tolto"; quelli di Offlaga che patirono un incendio; quelli di Azzate, cui furono tolte tutte le bestie e portati via gli uomini fuori del castello, per cui non ne sono rimasti che nove; quelli di Breda Cremonese, cui fu tutto rubato e mai nulla restituito, nonostante due sentenze dei povveditori. Altre affermazioni delle lettere provveditorali meritano un'adeguata replica, ma rinvia tutto a un incontro in cui potrà ribadirgli oralmente la verità.

[ 243v] Provisori Creme.
Havemo recevuto le vostre lettere et inteso quanto per quelle ne scriveti ale nostre respondendo circa il facto de quelli nostri homini da Romanengo, quali foreno presi per li vostri, le quale lettere invero sonno molto desoneste et iniuste, perché per esse voleti attribuire ad nuy quello caricho della inobservantia delli salviconducti quali, per ogne demonstratione et evidentia, vene attribuito a vuy et ali vostri, perché, como è noto et manifesto ad ogniuno, per nuy et per li nostri fin in lo presente dì non è may stato commesso veruno excesso, errore nì mancamento alcuno deliberatamente, apensatamente contra la fede di nostri salviconducti, sed tantum casualiter pò essere accaduto qualche errore, como accade ale volte dove sonno multitudine de gente como havemo nuy, ali quali errori, perhò, et mancamenti, quando l'havemo inteso, havemo provisto molto opportunamente; ma per vuy et per li vostri è bene stato fatto altramente como è noto a tuta Lombardia, che pensatamente, deliberatamente et con dispositione de violare li vostri salviconducti sonno stati commessi moltissimi errori et mancamenti, como de ciò ne ponno testificare li homini nostri de Casteliono, ali quali se sa quanto iniustamente et con quanta deshonestate li fo violato et inobservato il loro salvoconducto. Item quelli da Lode, contra li quali, per uno bovo tolto, gli fo facta represaglia. Item quelli da Oflaga, quali foreno bruxati. Item quelli de Azate, ali quali pur novamente per li vostri gli sonno state tolte tute le loro bestie et menati via tuti li homini, quali se trovavano fora del castello, adeo che in esso non gli remasero non ma nove homini. Item quelli de Breda de Cremonese, che forono robate et toltogli ogni cosa soa.
Item molti altri, maxime alcuni nostri homini pur del Cremonese, quali pur similiter foreno robbati, et havendo loro havuto recorso dali proveditori ne hebeno doe sententie [ 244r] in suo favore; ma finaliter non possereno may havere restitutione alcuna. Molti altri ancora ne saperessemo ricordare, quali mò non explicarimo, et così non se affaticaremo più ultra in respondere ale parte che sonno in dicte littere, quale meritariano pur respuosta perhochè sonno iniuste et deshoneste. Ma speramo qualche volta trovarse in loco dove a tute le parte ve faremo respuosta a bocha, per modo che ve parerà che nuy ve habiamo dicto il vero. Data ut supra.
Bonifacius.
Cichus.