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223. Francesco Sforza a Giovanni da Tolentino 1450 novembre 5 Milano

Francesco Sforza si lamenta con il luogotenente di Cremona, Giovanni da Tolentino, dell'andazzo di vita della città, carente anche nei servizi di guardia sia di giorno sia di notte a scapito di ogni controllo. Rimprovera inoltre il tollerato comportamento dei giovani, che si aggirano di notte armati, aggredendo anche la famiglia podestarile. Il tutto imputa alla negligenza del luogotenente.

[ 46v] Domino Iohanni de Tolentino, locumtenenti Cremone.
Havemo chiara informatione da più lati che in quella nostra cità se perde ogni forma de benvivere et anche tanta negligentia se usa in far fare le guardie, che non è senza pericolo lo facto nostro. Et primo, circha el facto dele guardie dela nocte, chi le fa le fa et fino usurpate et ingiotite in modo che, secondo siamo informati, el facto nostro non ha bene securo, le guardie del dì anchora non se fanno senza grande negligentia, in modo che la cosa passa cum pericolo cossì per lo facto dela peste come etiam del stato nostro, perché ogni homo che vole va et vene, non è interogato veruno donde vegna né chi sia né chi né come né presentato alle bollete, come se doveria fare per lo bono et securo mantenimento dela cità. Sentimo anchora che una frota de iovenazi vanno intorno la nocte senza licentia et cum le arme et non che a loro sia dicto cosa alcuna, ma essi assaltano alla fiata la famiglia del nostro podestà (1) et cometano tante insolentie che non solum se meravigliamo, ma etiam se ne dolemo grandemente. Et pensiamo più cose che potriano preiudicare al facto nostro né saperessemo may ad chi dare imputatione, se non ad chi havemo deputato in loco nostro per lo governo dela cità, come seti vuy, et pur doveresti sapere quanto havimo cara quella cità et quanto importa al facto nostro et quanto gli hanno li ochii li nostri emuli. Non sapemo nuy che dire altro, se non che ve confortiamo vogliati havere l'ochio al penello et cosiderare bene el facto nostro, el quale è vostro, et fare havere bona diligentia alle guardie, cossì dela nocte come del dì, et ch'el se sapia chi va et chi vene et dove et che et come, perché quella cità è quella dela quale facimo estimo et la quale cerchiamo mantenire, perché importa al facto nostro tanto quanto poteti intendere. Et non guardati che le cose stiano chete come stanno, perché doveti essere certi, quando li nostri emuli ne potessero preiudicare in grosso, lo fariano. Siché guardati ad tenire li ochii aperti, in modo che scandolo sinistro non possa intervenire. Mediolani, v novembris 1450.
Iohannes.


(1) Identificato come Alberto Marliani (cfr. SANTORO, Gli uffici, p. 408).