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492. Francesco Sforza a Luchina Dal Verme 1450 dicembre 11 Lodi

Francesco Sforza fa rimarcare a Luchina Dal Verme di aver rinviato senza sale i dazieri di Cremona, inviati per l'acquisto di sale di Bobbio a 12 soldi lo staio, e avere lei fatto sapere che vendeva il sale agli uomini di bobbio a 20 soldi per staio. Il duca ribatte che il sale era venduto ai tempi di Filippo Maria Visconti a 12 soldi, cifra pagata anche dagli uomini di Bobbio: il duca insiste che voglia rilasciarlo a questo prezzo.

Domine Luchine dal Verme.
Sono retornati da nuy li datiari del sale da Cremona, quale havemo mandati da voy cum littere nostre perché gli facesti dare de quello nostro sale da Bobio fine alla summa che ne saria rechiesta per Bernardo Ghiringhello, nostro potestà de Salso, per lo pretio del qual sale scripsemo vi saria pagato ad computo de dodeci soldi el staro, como se soleva al tempo dela bona memoria del'illustrisimo quondam duca signor nostro padre. Et perché havite remandato indrieto decti datiarii senza sale, dicendo voy che altra fiada, havendo voy mandato a dire per Bortholomeo Trovamala che per lo passato havivate venduto et cossì de presente venditi alli vostri homini medesmi da Bobio ad rasone de soldi xx lo staro, al quale fecimo resposta che, havendolo voy venduto et vendendolo de presenti soldi xx, nuy non eravamo quelli che volessimo farvi damno deminuendo el pretio, vi respondemo che tucto questo fu vero, ma poy havemo havuto vera informatione che sempre per lo passato el prefato illustrissimo quondam signor duca nostro patre hebbe dicto sale per soldi dodeci el staro et mai non gli spese più et cussì sentemo che dicti nostri homini da Bobio l'hanno per decto precio. Il perché [ 102v] non parende ad noy digna cosa né etiam credendo essere pegio tractati da voy, como era per el memorato condam signor nostre patre, vi confortiamo, carichamo et strengemo, vogliate far dare dicto sale per lo decto precio de dodeci soldi el staro como era consueto per lo passato et in questo non vogliati fare altra difficultà né dilactione se may desiderati fare cosa ne sia grata, perché altramente ne pattiressemo detrimento grandissimo. Il che non potemo credere sia de vostra voluntà. Siché vogliati operare che questo non manchi per cosa del mondo. Data Laude, die xi decembris 1450.
Iohannes,
Matheus,
Iohannespetrus,
Cichus.