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706. Francesco Sforza al Consiglio segreto 1451 gennaio 29 Lodi

Francesco Sforza esprime al Consiglio segreto la sua sorpresa per il rifiuto di Giovanni da Alessandria di non andare da Orlando Pallavicini. C'è di mezzo il sale, essenziale per le entrate ducali: si mandi subito un altro. Giovanni vada a Tortona: è necessario si facciano nuovi accordi con la città dopo la restituzione fatta da Carlo Gonzaga. Si compiace, infine, per i provvedimenti sulle monete per cui si dà corso solo a quelle bone et equale ale nostre.

[ 149v] Consilio secreto.
Havemo recevute le vostre littere et inteso quanto ne scriviti dela recusatione facta per misser Zohanne de Alexandria de non potere andare da Orlando Palavicino et ad quelli altri luochi di quali fo raxonato per la equalità del precio del sale, et del'ordine haveti preso sopra el facto dele monete. Ale quale respondemo che se maravigliamo grandemente ch'el dicto misser Zohanne recusi questa andata, perché et per tucto quello loco et per luy ne fo dicto como era contento de andarli et mo' facia queste scuse non ha facto bene. Et se havessemo creduto de questo, gli haverissimo, anzi la partita nostra, proveduto de mandargli un altro. Pertanto, perché cognosceti quanto importa el facto del sale ale intrate nostre, ne pare debiati subito far provisione de mandarli un altro sufficiente, al quale imponereti quanto è necessario et non gli perdati tempo, perché questa cosa importa molto al facto nostro. Del'andare del dicto misser ad Tertona, dicimo che l'andare suo, né de niuno altro là, è necessario, perché la confirmatione di capituli havevamo altre volte con la comunità de Tertona, novamente facta doppoy ch'el illustrissimo signor misser Carlo ne ha restituita quella città, è dechiarito che debbiano tuore el sale per quello precio che fa Pavia. Dela provisione haveti circh'al facto dele monete, ne piace assay et summamente ve ne commendiamo et laudiamo benché Angelo Symonetta, nostro consiliero, ne dice che luy per nostra parte già haveva commesso ali Magistri dele intrate nostre che ordinassevo che non se recevesse monete se non bone et equale ale nostre. De far bene la crida, et cetera, ne pare ch'el basta de quello haveti facto, cioè de commandare alo thexaurero et ad li dacieri che non debbiano recevere monete se non sonno bone. Et parendovi pur de fargli altra provisione, fati como ve pare, perché restarimo contenti. Ben dicimo che questa cosa non è da fare cossì publicamente adciò che lo duca de Savoya et l'altri, chi fanno fare monete, non credesseno che la fosse facta per altro respecto. Data Laude, xxviiii ianuarii 1451.
Cichus.