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119. Francesco Sforza a Minichello e Albertino da Pizzighettone 1451 gennaio 23 Lodi

Francesco Sforza scrive a Minichello e Albertino da Pizzighettone, castellani di porta Romana di Milano, e rimprovera aspramente Albertino per aver consentito che Stefanino da Romano, portatosi lì da parte di Bartolomeo Colleoni e del conte Carlo da Montone abbia fatta una profferta a Bataglino a nome dei due signori per Carlo Gonzaga. Rinnova l'ordine che nessuno possa parlare al Gonzaga senza sua licenza scritta. Consente invece che Vincenzo Scalona, cancelliere del marchese di Mantova, possa parlare quanto vorrà con Carlo Gonzaga.

Minichelo et Albertino de Pizleone, castellanis in porta RomanaMediolani (1).
Havimo inteso quanto tu Albertino ne hay scripto de quello Stefanino da Romano, che è venuto (a) lì da parte de Bartholomeo Coyone et del conte Carlo da Montono, et la preferta che luy ha facta per parte deli dicti Bartholomeo et conte Carlo ad Bataglino in tua presentia per messer Carlo da Gonzaga. Dicemo, Albertino, che ne maravigliamo et dolemo molto de ti che habi havuto tanto ardire et presumptione de lassare parlare dicto Stefanino (b) senza nostra licentia et saputa et contra tucti li ordini che te havimo dati al dicto et hay facto una gran villania et gran malo et siamo certi che in un'altra magiore cosa saresti incorsi in simile errore. Qual se sia, te dicemo che tu vogli fare altramente per lo advenire che non hay facto per lo passato, perché te advisamo che, se tu non te porti per altra via, nuy provederemo lì altramente ali facti nostri et habbi advertentia da qui inanzo, come se contene in li ordini quali te havemo dati in in (c) scriptis, che niuno, et sia chi se voglia, non parli ad messer Carlo né ali suoi che sonno lì senza nostro bullectino o littera. Ultra ci [ 43v] vene lì Vincentio dala Schalona, presente portatore, cancellero del'illustre signor marchese de Mantua, per parlare ad esso messer Carlo. Pertanto siamo contenti che vuy gli lassati parlare quante volte vorà lo dicto Vincentio, ma in questo servati li (d) nostri ordini che havimo dati. Laude, die xxiii ianuari 1451.
Cichus.


(a) Segue qui depennato.
(b) Segue al conte Carlo depennato.
(c) Così in A.
(d) Segue vestri depennato.

(1) La carica è segnalata da SANTORO, Gli uffici, p. 594, ma vi compare solo Albertino da Pizzighettone.