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1674. Francesco Sforza a Tommaso, ai monaci dell'abbazia di Santo Stefano e agli uomini di Corno Giovane 1451 settembre 22 Lodi

Francesco Sforza scrive a Tommaso, ai monaci dell'abbazia di Santo Stefano e agli uomini di Corno Giovane di aver saputo che, per la grave malattia dell'abate, alcuni, sia monaci che laici, hanno cominciato a trafugare beni del monastero. Vuole che tutto sia riportato al pristino stato, sia che venga un nuovo abate, sia che guarisca l'attuale.

[ 331r*] Domino Thome et ceteris monacis abbatie Sancti Stefani et hominibus loci de Cornu Iuveni Laudensis.
Habiamo inteso, non senza displicentia, como quello miser l'abate de Sancto Stefano dal Corno è molto aggravato, et perché se dubita dela vita sua, che alcuni o de voi monaci o homini, hanno cominciato a trafugare dele cose et beni d'esso monistero. Pertanto per le presente vi admonimo et comandamo, per quanto havete cara la gratia nostra che subito, vedute le presente, debiate provedere che quella robba, che è stata exportata fin a qui, tucta se trovi et se repona in l'abadia, et cusì che da hora innanti non se ne mova cosa alcuna, perfino ad uno pontale de stringa. Et se pur a Dio piacesse trare ad sé el dicto abbate, fate fare opportuna descriptione de ogni cosa d'essa abbadia, e non se ne faccia novità alcuna perché nostra intentione è, quando questo acadesse, che dicta robba se consegni ad quello che succederà novo abate, quale ordinarà la sanctità de nostro Signore et noi; quando dicto miser l'abate, Domino cooperante, sia restituito in pristina sanità, como è nostro desiderio, la robba resti ad la chiesa et ad esso miser l'abbate che la distribuirà secondo la sua consciencia. Sichè in questo ve ne carichiamo et strengemo provediate che niuna cosa passi in sinestro, certificandovi che, se altramente sucederà, questa cosa non imputaremo altro che voi et ad voi faremo integramente pagare tucto quello che se troverà mancare. Data Laude, die xxii septembris 1451.
Cichus.