Registro n. 5 precedente | 146 di 250 | successivo

146. Francesco Sforza al Consiglio segreto 1451 luglio 12 Cremona.

Francesco Sforza prospetta ai membri del Consiglio segreto vari problemi causati a Milano dalla peste. Sistemazione dei religiosi che attendono alla cura degli appestati: in casa del conte Guido (vi mette i cavalli) o, così propone il duca, nella casa del nipote Roberto Sanseverino. Dissuasione del duca, da parte dei consiglieri, di portarsi là dove stanno gli altri. Comunicazione quotidiana al duca dello stato sanitario della città: mancanza dell'elenco preciso dei deceduti, perchè non denunciati e anche sepelliti in casa. Dovere dei consiglieri d'essere sempre presenti in Consiglio.

[ 34v] Dominis de Consilio nostro secreto.
Havimo recevuto più vostre super casu pestis, ale quale rispondendo, et primo, al ricordo et pensiero facto de mettere quilli boni religiosi che habiano a consigliare li annimi deli infermy de peste in la casa fo del conte Guido, laudiamo el vostro consiglio, ma havimo pensato che stariano bene in la casa che tenea (a) Ruberto, nostro nipote, che pure l'à in quelle circunstantie, et lassar quella del conte Guido per li nostri cavalli, non sapendo nuy dove metergli altrove. Alla parte, che voliamo maturamente pensare, se la nostra venuta là è pericolosa et del consiglio vostro in non venire sic stantibus rebus, cognoscemo expressamente che grande amore et fede, carità et intrinseca benivolentia haveti a nuy et stato nostro vi move ad darce tal consiglio, per dubio haviti della persone et per questo ve ne rengratiamo summamente et fati bene da tali avisi, perchè ogni nostro bene è vostro e converso; atenderimo adonca al vostro consiglio, et se la cosa non megliorarà, non venirimo et procedirimo li gressi nostri segondo le conditione de quella nostra cità et li avisi vostri. Alla parte de Iohanne Bidello, che debe haver mostrata quella lettera a Raphael, nostro secretario, et cetera, ve dicimo che non scripsimo ad Iohanne in quella forma perchè non volissimo essere avisati ogni dì da vuy della conditione della cità. ma per vedere et intendere como luy se portava bene et s'el se acordava cum vuy, perchè invero sentimo ch'el se gli fa de molti errori o per malitia o per negligentia o como se sia che ne renchrese fina a l'anima. Sentimo enim che molti se sepelissino in le case et de molti se tace quando sonno morti et non se meteno in lista, che credimo procede aut prece aut potius pretio. La qual cosa ve caricamo summamente cum ogni sutile indagine sapere et intendere, et trovandoli defecto alcuno emedatilo et provedetili vuy como meglio vi parerà et non state per cosa del mondo che non ne avisati ogni dì como passa la cosa, studundovi sapere el vero. Ceterum a nuy non pare per cosa del mondo che ve absentati dalla cità, non perchè habiamo cussì cara la vostra persona como la nostra propria, ma perchè la vostra absentia poteria parturire de moli scandoli, como vuy per vostra et potete pensare, pur credimo che, reducendove in qualche casa sana verso el castello, non gli sarrà pericolo alcuno, et se pur alcuno de vuy, per più suo aconzo et piacere, se vorà redurre la nocte dormire fuora la cità, serimo contenti (b) purchè el zorno torni dentro et faciase el consiglio ordinatamente. Cremone, xii iulii 1451.
Cichus.

(a) Segue che tenea depennato.
(b) Segue perché depennato.