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198. Francesco Sforza al capitano del Lago Maggiore 1451 luglio 18 Cremona.

Francesco Sforza informa il capitano del Lago Maggiore che manda Galeotto Ratto, capitano di giustizia, per punire gli uomini di Mergozzo che hanno ferito quanti portavano calcina per il castello di Milano. Altri individui, specie di Pallanza, proibiscono il transito perché vengono da luogo infetto. Il duca ricorda che a Cremona, ove egli è con la famiglia, riceve ogni giorno gente che viene da Milano.

[ 47r] Capitaneo Lacus Maioris.
Li homini de Mergozo in li dì passati hanno facto insulto et feriti alchuni homini che condu- cevano calzina per lo castello nostro de Mediolano; et perché non volimo per modo alchu- no comportare questo, havimo commesso ad messer Galeotto Ratto, nostro capita neo de iusticia, ch'el veda de havere nele mano questi malfactori et che proceda contra loro ad quanto vole rasone et iustitia, sichè volimo che tu gli daghi ogni adiuto et favore opportuno che luy habbia li dicti malfactori, como è la intencione nostra, et possa exequire quanto gli havimo ordinato. Oltra ciò, intendimo che alchuni homini de quelle parte, et maxime (a) quelli da Palanza, temerariamente ardiscano et presummano vetare et prohibire el transito ad quelli che conducano calzina et altre cose per lo lavorerio del dicto castello, dicando che non gli voleno lassare passare perché vengono da Mediolano che è morbato, de la quale cosa molto se dolemo. Pertanto volimo che tu commandi ad tutte quelle comunitade et homini de quelle parte, che per quanto hanno cara la gratia nostra, lassino passare libe- ramente et senza alchuno impazo et molestia tutti quelli che conducesseno cosa alchuna per lo lavorerio del dicto castello, et se niuno, et sia che voglia, farà lo contrario, ne farrimo tale punicione et demonstracione che sarà exempio ad tutta Lombardia, perché retrovan- dosse noy qui a Cremona cum la illustrissima madonna nostra consorte et cum tutti nostri figlioli, dove pratica et vene de molti tutto el dì da Mediolano, non facimo quella resistentia che fanno li dicti homini, considerato che ogniuno ad noy pò parlare senza altro resguardo et respecto et degono loro molto bene pensare che havimo cossì cara la vita nostra, como loro la sua, sichè exequissi quanto noy havimo dicto de sopra. Cremone, xviii iulii 1451.
Cichus.


(a) Segue de depennato.