Registro n. 5 precedente | 215 di 250 | successivo

215. Francesco Sforza a Nicodemo da Pontremoli 1451 luglio 22 Cremona.

Francesco Sforza manifesta a Nicodemo da Pontremoli la sua sorpresa per la richiesta del papa di una revisione di una vertenza fra Elisabetta Stampa, abbadessa del monastero milanese di Santa Maria in Villa, e Giovannola Rossi. Vertenza già rivista per ordine dello stesso papa. Cerchi di far cambiare idea al pontefice, sì che si lasci donna Elisabetta tranquilla dove e come sta. Della faccenda ne parli con Giacomo Trivulzio che ne è al corrente.

Nicodemo de Pontremulo.
Nicodemo, havimo inteso quello ne scrivi, respondendo alla nostra, dela resposta te ha facta la signoria del nostro signore circha el facto de Madonna Elisabetha de Stampi abathessa del monasterio di Sancta Maria in Villa della nostra citade de Milano, per lo qual scrivere presupponi che la Santità sua voglia che la differentia d'essa madonna Elisabetha cum madonna Zohannola di Rossi se reveda. Nuy non se possiamo se non maravigliare de tale resposta et quasi non credemo sia facta per essa Santità, perché, essendo un'altra volta reveduta a Millano per commissione della Santità (a) prefata et data sententia in favore de madonna Elisabetha et essando essa stata in paciffica possessione xxxii anni, et da poy privata passionatamente per Milanesi al tempo della libertà, como devi havere inteso, non ne pare honesto debbia essere reveduta un'altra volta et menata tanto in longo. Però ti commettiamo et volimo che, retrovandote com'altra volta cum la Santità de nostro signore, gli supplichi di novo per nostra parte che, consciderate le cose predicte, se dengni esser contenta che madonna Elisabetha resti alla possessione del suo benefitio et sia confirmata in esso, nì sia veduta altramente essa differentia, perché revedendose, non sarria, a dir altro, che voler menare la cosa in longo et frustrare madonna Elisabetha in spese che non crediamo de mente della Santità sua. Et circha de ciò havimo commesse alcune cose al spectabile misser Iacomo da Triultio, nostro ambasciatore, cum lo quale te intenderai. Ben te avisamo che non ne poristi far cosa più grata come operare che questo nostro desside- rio habia effecto. Data Cremone, die xxii iulii 1451.
Cichus.


(a) Segue per depennato.