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51. Francesco Sforza al commissario e podestà di Parma e a Lancillotto da Figino 1451 giugno 22 Milano.

Francesco Sforza rimprovera al commissario e al podestà di Parma e a Lancillotto da Figino di aver rilasciato quel saccomanno che con altri di notte, scalando le mura cittadine, aveva rubato "certo panno". Ordina di prendere tutti i detti saccomanni e, constatato che hanno scavalcato le mura e commesso il furto, li impicchino senza remissione.

Commissario et potestati Parma et Lanzilotto de Figino.
Sono stato da noy li ambasatori de quella nostra comunità de Parma quali dicono, tra l'altre cose, che, essendo più dì passati, alchuni sacomani al tempo de nocte [intrati] in quella nostra cità cum le scale et furato certo panno et poy retornati fuora cum esso, non gli sia facta punicione alchuna; immo che essendo destenuto uno de loro, è stato liberamente relaxato. Dela quale cosa grandemente ce maravigliamo et parne che habiati grandemente fallito in non punire dicto malfactore et cerchare de havere li altri nelle mano, perché, quando presumeno passare le mure per furare, li passariano anchora per fare pezo. Pertanto ve comittiamo et volimo che per ogni modo ve inzignati de haverli tutti in le mano et da poy, constandovi che habiano passati li dicti murri et commisso el furto et robaria predicta, li impicati senza remissione et contradictione alchuna in quello loco ove hano commisso lo furto, aciò che dagino exempio ad altri. Et aciò che crediati habiamo questa cosa a core et che volimo se facia como è dicto, havimo sottoscripto la presente de nostra propria mano. Mediolani, xxii iunii 1451.
Franciscus Sfortia Vicecomes manu propria subscripsit.
Cichus.