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201. Francesco Sforza ad Antonio da Trezzo 1451 luglio 13 Cremona

Francesco Sforza scrive ad Antonio da Trezzo di portarsi subito da Borso d'Este e ricordargli la lunga amicizia e benevolenza sempre intercorsa tra la sua casa e quella sforzesca di Cotignola. Antonio esprime al marchese lo stupore del duca per la decisione di amputare la casa e la patria dello Sforza di una sua parte, Barbiano, concessa da Eugenio IV nel 1436, quando lo Sforza era confaloniere del papa e della Chiesa nonché capitano generale della Lega, a integrazione di Cotignola. Avvisa poi Antonio che scriverà agli uomini di Cotignola di non pagare alcunché né al marchese né ad altri per Barbiano.

[ 53v] Antonio de Tricio.
(a) Havimo inteso quanto ne hai scripto circa li facti deli homini de Cotignola e la resposta quale te ha data lo illustre signor marchese. Havemo etiandio inteso quello ne hano referito li dicti homini, quali sono stati qua da noi. Pertanto te commectiamo et volimo che, retrovandoti subito ala presentia del prefato illustre signor marchese, gli dichi per nostra parte che, come la signoria soa sa, tra la casa soa de Este et la nostra de Cotignola sempre vi fu una singulare et intrinseca benivolentia, amicitia et carità, et così deliberamo che sia per l'avenire né mai porria essere altramente, ma che non possiamo si non un poco maravigliarce che, essendo stato et perseverato tanto tempo questa dilectione fra tucte doe queste case et essendo Cotignola nostra vecchia casa et patria, vogli la signoria soa patire ch'ella sia mutilata deli soi membri et straciata in lassarli torre el loco de Barbiano, quale zà bono tempo è nostro et coniuncto cum la dicta terra de Cotignola, che sempre haveriamo creduto et anchora chredimo che la signoria soa dovesse accrescere et multiplicare le cose et lo stato nostro, non che smongarlo et minuirlo ad questo modo, perché noi etiandio sempre ce sforzariamo accrescere lo suo et fare in honore et beneficio della signoria soa quanto per lo nostro proprio. Et aciò la signoria soa cognosca et intenda le rasone per le quale pretendimo lo dicto loco de Barbiano essere nostro, te advisamo et così certificarai la signoria soa che del'anno MCCCCXXXVI passato, essendo noi confalonero depapa Eugenio et de santa Chiesia et capitaneo generale dela Liga et retrovandoce in Romagna, la santità soa ne concedette et diede lo dicto loco de Barbiano et commise al reverendissimo monsignore arcivescovo, mò cardinale de Benivento et alhora legato apostolico presso a noi (1), che ne devesse mectere ale possessione del dicto luoco. Et cossì gli fossemo posti, come se pò monstrare per instrumento pubblico tradato per Alberto de Agnelli, notaro et capitaneo de Cotignola, et siamoli continuamente stati in pacifica et quiete possessione, benché per la bona memoria del'illustre signor marchese Leonello, suo fratello, alcune fiade siano tentate dele cose contra dicto luoco. Et questo tale loco ne concedette spetialmente la santità de nostro Signore, perché la ditta terra de Cotignola è molto populosa et ha poco terreno et li homini non potevano vivere in cossì poco territorio. Però confortarai et pregarai la signoria soa [ 54r] per nostra parte, cum quanto mazore efficacia saperai et poterai, che per le rasone dicte de sopra et per multe altre che se poteriano allegare et addure ad iustificatione del facto nostro gli piaza provedere et ordinare che a Barbiano non sia facta novitate alcuna, immo sia lassato a Cotignola a chi pertene per virtute dela concessione facta per papa Eugenio, como è dicto de sopra. Et in questo vogli usare ogni studio et diligentia toa, como siamo certi farai, non manchandogli in cosa alchuna, perché non ne porressi fare multe cose più grate de queste, perché, essendo la terra de Cotignola nostra patria, como è detto, ce doleriamo troppo che la fosse smongata deli membri soi, nì etiandio sia mente dela signoria soa per l'amore (b) et dilectione che la ne porta et etiandio perché noi piutosto cercharessimo de conservare le cose soe che sminuirle. Advisandote, apresso, che noi scrivimo ali dicti homini de Cotignola che per lo dicto terreno in loco de Barbiano non paghino cosa alchuna nì al marchese nì ad altri. Cremone, xiii iulii 1451.
Cichus.



(a) Alla lettera era allegato l'originale della missiva n. 202.
(b) more è in interlinea su mente depennato.

(1) Si tratta del cardinale Astorgio Agnesi (cfr. GAMS, Series episcoporum, p. 672).