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24. Francesco Sforza al vescovo di Parma [Delfino della Pergola] 1451 giugno 12 Milano

Francesco Sforza si lamenta con il vescovo di Parma che la contessa Arcimboldi, vedova di Antonio Rossi, sia da lui molestata, perché iure pheudi riscuoteva alcune decime, ed egli l'abbia scomunicata, negandole di essere ascoltata, nonostate alcune sentenze a suo favore date dal vescovo di Reggio Emilia come delegato apostolico. Il duca chiede che la causa venga portata a Milano per essere giudicata da altra persona e non dal vescovo. In caso di sua opposizione, si dovrà ricorrere al papa, non potendo il duca tollerare che venga fatta ingiuria e ingiustizia a un suo suddito.

[ 12v] Episcopo civitatis Parme (1).
Ne ha significato la nobile donna contessina delli Arcenboldi, relicta quondam dello egregio homo Antonio dei Rossy, che, non obstante el dicto Antonio o i suy antecessory habbiano tenuty iure pheudi dallo episcopato de Parma la ragione de alcune decine (a), per tanto tempo che non è in contrario memoria, vuy nondimeno li haviti mosso sopra de ciò questione et datoly grande affanno, già molti anni passati, maxime depoy la morte del dicto Antonio, havendo forsi rispecto che essa et li fioly minory (b) de legitima hetà, non essendo sufitiente al contendere con vuy, debbiano cedere alle sue rasone. Et vedendo che sonno difesi cum la rasione, essendo già dato alcune (c) sententie per lo vescovo de Rezo (2) come delegato apostolico, vuy nondimeno, senza alcuna ragione ad farla scomunicare senza alcuna ragione et farla denuntiare pure excomunicata et denegando audientia alli advocati et procuratory suy, perfino al serrare delle porte, aciò non possano venire ad vuy a fare sue defese, la qual cosa ne pare male honesta et mancho rasone vole et invero ne spiace assay se cussy fusse, che ne pare difficele ad credere, pertanto ve confortiamo et carichamo che, revocando la dicta excomunicatione, vogliati in questo et in ogni altra facenda procede (d) de rasone et non diffacto et le defferentie vostre lassarle congnoscere per altra persona de mezo et non per vuy. Et maxime essendo questa quale essendo contra donna vedoa et popilly, doveti esser contento se congnosca in Milano, dove se farà rasione per uno confidente delle parte et niuno se poterà gravare, altramente ne bisognarà supplicare ala santità del papa che ad questa facenda proveda, de che forsy non ve seguirà forsi utile né ancho honore, perché è honore et debito nostro et non patire che iniuria né et iniustitia sia facta ad persona et ad veruno subdito nostro, et maxime ad questa donna et alli fioly, qualy, sì per respecto del padre come del fradello della donna, ne sonno carissimi. Confortandovy che presto ne respondiati quello haverity delliberato in questa facenda. Mediolani, xii iunii 1451.
Cichus.


(a) Così in A.
(b) Segue defact maxime depoy la morte del dicto Antonio depennato.
(c) Segue rasone depennato.
(d) Così in A.

(1) Si tratta del vescovo Delfino della Pergola (cfr. GAMS, Series episcoporum, p. 745).
(2) Si tratta del vescovo Battista Pallavicini (cfr. GAMS, Series episcoporum, p. 760).