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443. Francesco Sforza a Sceva Corti 1451 agosto 10 Cremona

Francesco Sforza scrive a Sceva Corti in merito all'impiccagione dei due famigli di Corrado, fratello del duca, e sulla liberazione dei famigli di Giacomazzo una volta che abbiano restituito quanto hanno rubato. Vuole che si trovi chi ha ucciso l'uomo d'arme e il ragazzo di Giacomazzo.

Domino Sceve de Curte.
Havimo recevuto vostra lettera et inteso quanto ne havite scripto de quelli doi famigli de Conrado, nostro fratello, che havite facti impiccare; dicemo che havite facto molto bene et cosa che assai ne è piaciuta perché con questi se darà exempio ali altri che haviriano voluntà de fare male. Ad quelli altri doi de miser Iacomazo, nostro compare, che havite nele mane non vogliamo li fazati novità alchuna, ma volimo che tucta volta loro haverano restituito quello bove et la cavalla che hanno tolta, voy li relassati liberamente, perché siamo remasti contenti de perdonargli ad questa volta. Per contemplatione d'esso nostro compare, ben volimo che voi li amoniati che siano savii perché, se un'altra volta loro caderano in simili fallo non gli valerà né medico, né medicina. Del facto de Petro da Cortona havimo inteso quello scrivite et cossì de quello homo d'arme et regazo de miser Iacomazo che sonno stati morti dali villani da Pianelli. Vedati per tucti quelli modi et vie che ve parono, de sapere li nomi de tucti questi malfactori perché deliberamo de farne debita punitione et castigatione, advisandone de quello che trovarete. De quelle cose havite facto restituire ad quelli Franzosi ne piase. Vederimo per ogni modo havere quello Cazavillano nele mane et de fargli quello che merita et cossì quello Iacopono compagno de Polo Savello. Deli cavalli de Castello Arquà nuy per altra havimo scripto quello che bisogna; siché per questa volta non dicemo altro. Cremone, x augusti 1451.
Cichus.