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1457. Francesco Sforza a Cristoforo Torelli, a Bernabò Sanseverino e a Troyolo Arcamone (1452 ottobre 27 "apud Calvisanum").

Francesco Sforza rinfaccia a Cristoforo Torelli, a Bernabò Sanseverino e a Troyolo Arcamone la loro incuranza ai richiami fatti perché facciano smettere i militari dal rovinare case, rubare fieno e altro alla gente del posto; rinfacciando la loro incapacità di intuire le reazionì che tali comportamenti avranno, rinnova il comando perché intervengano minacciando sanzioni a loro e ai soldati.

Comiti Christoforo Thorello, Bernabovi,domino Sancto Severono, et Troyolo Arcamone.
Non possiamo se non meravigliarce et dolerne de vui che, havendovi scripto et dicto et comandatovi tante volte dovesti provedere che li vostri se deportasseno honestamente cum quelli nostri homini et non glie togliesseno el strame né guastassero le case, non glie habiate proveduto, immo li lassati fare in questo como voleno. La qual cosa, quanto sia iusto et honesto, lassiamo iudicare ad vui: volemo anchora pensate quanto sia bene admittere in desperatione quelli homini al tempo d'adesso. Perhò ve replicamo de novo et ve caricamo, strenzemo et commandamo, per quanto havete caro l'honore vostro et la gratia nostra, apresso debiate ammonire li vostri et provedere per ogni modo che non fazano danno ne recressimento alchuno alli dicti homini né in lo strame, né in le case, né robbe loro, advisando che, se ne sentiremo querela alchuna, non l'impuremo ad altri che ad vuy, et capitando alchuno al'acto vedrete ch'el se ne farà tal demostratione che et vuy et loro ve trovareti malcontenti. Ut supra.
Irius.
Cichus.