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1548. Francesco Sforza ai provveditori, al governatore, ai capitani e conduttori dell'esercito veneziano 1452 ottobre 21 "apud Calvisanum".

Francesco Sforza ripropone ai provveditori, al governatore, ai capitani e conduttori dell'esercito veneziano la condanna per il mancato rispetto dei salvocondotti da loro stessi concessi agli ufficiali e agli uomini delle località bresciane sotto il governo sforzesco, rifacendosi in particolare alla incursione in Manerbio e altri luoghi pigliando uomini e bestiame oltre a saccheggiare Offlaga, usando l'inganno per conseguire quello che non hanno saputo né potuto fare con la forza. Lo Sforza rimarca di non voler credere a quanto hanno affermato alcuni capitani veneziani che quanto essi facevano era in obbedienza a Venezia, irrispettosa dei salvacondotti. A conclusione della rampogna, lo Sforza chiede la libertà per i suoi uomini e la restituzione del bestiame portato via, avvertendo che altrimenti divulgherà in tutta Italia, all'imperatore e al Re di Francia il comportamento dei Veneziani.

Magnificis dominis provisoribus e(t) gubernatori ceterisque capitaneis et ductoribus exercitus illustris dominii Venetorum.
El ne recresce et dole assai che ne habiate dato caxione de scrivere questa lettera et che per li deshonesti modi et portamenti vostri siamo necessitati parlare deshonesto, che non è de nostra natura né costume, dali offitiali et homini deli lochi nostri de Brexana, quali stavano sotto la fede et securtà deli vostri salviconducti, siamo questa matina advisati como heri, per ordine vostro, fo corso ad Manerbio et ad multi altri lochi havevano da voi salvuconducto et pigliati l'homini et bestiame et messo ad saccomanno Offlaga et facto tucto quello male è stato possibile, dela qual cosa havemo presa non poca admiratione che habiate usata tanta insolentia, tradimento et inganno, et che habiate voluto fare cum la falsità et inganno quello non havete saputo né possuto fare cum la spada et forza, como rechede lo mistero del'arme et la usanza dela guerra. Et benché, secondo habiamo inteso per alcuni de quelli capitanei, quali se retrov(an)o ad correre in quelle parte, sia stato dicto, respondendo ad alcuni homini nostri, quali se lamentavano et gravavano che li eranno ropti li salviconducti, che li bisognava obedire la Signoria, et (a) che la Signoria dice non è tempo de stare per salviconducti de fare li facti soi. Nientedemeno nui non possiamo però (b) credere che venga de mente de quella illustre Signoria che per li soi capitanii se commettesse tal mancamenti in preiuditio del'honore d'essa Signoria et de loro capitaneii, li quali, chiamandose capitanei como fanno, non doveriano voler cum simili inganni et tradimenti dare ad intendere ad quella Signoria de fare in questa forma li facti soi, ma doveriano adoperare l'intellecto, le arme e le forze et non fare buttare via li denari alla [ 366r] prefata Signoria che spendano in loro, perché questo è segno che horamai gli è mancato ogni adviso et speranza de potersi aiutare per altra via che per tali inganni et tradimenti, ma, se le altre cose glie seranno mancate, neanchi queste glie zovaranno. Pur quello che se sia, nui non volemo fare vendecta verso li vostri, quali stanno sotto la fede et securtà nostra, per non volere usare qu(e)llo tradimento et inganno havete usato voi, ma, per debito de observantia dela fede et promesse vostre, ve rechedemo che vogliate fare relassare l'homini nostri et cusì restituire lo bestiame et cose alloro tolte integramente et cum presteza, altramente, non lo facendo, ve avisamo che nui mandaremo per tucte le parte de Italia et fino alla maestà del'imperatore et in Franza ad farve quello honore che merita tanto expresso inganno et tradimento, como è questo, quale havete usato verso l'homini et subditi nostri et, non lo facendo, saperimo da qui innanzi quello ne habiamo ad fare. Ma bene haveressemo ad caro intendere da voy se, havendo ad fare cum voy in cosa alcuna dove accadesse promesse, que modo havemo ad tenere per esser securi. Et per questo nostro messo, qual mandiamo per questa casone, ne vogliate respondere chiaramente perché sappiamo quanto ad fare. Apud Calvisanum, xxi octobris 1452.
Ser Iohannes.
Cichus.

(a) Da respondendo a et aggiunto a margine.
(b) però in interlinea.