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1551. Francesco Sforza a Gentile da Leonessa, a Iacopo Lauredano e ai capitani e condottieri di San Marco 1452 ottobre 31 "apud Calvisanum".

Francesco Sforza ricorda a Gentile da Leonessa, governatore, a Giacomo Loredano, provveditore, ai capitani e condottieri dell'esercito veneziano che lo assalirono contra ogni ragione, che fu costretto a intervenire contro la sua volontà di pace e tranquillità per l'Italia che animava ogni opera sua. Non volendo contrastare la clemenza divina che gli ha concesso parte di Lombardia, intendendo por fine alle vessazioni in terra bresciana, e considerato anche che loro, i Veneziani, hanno propalato, pur consci del falso, per tutta Italia che lui se ne sta rincantucciato in mezzo alle paludi, loro se ne vanno per la campagna, asserendo, che se si trovasse un incontro, questa questione non ha più da essere, il duca indica quale auspicato luogo la campagna di Montechiari e pone come data dello scontro venerdì o sabato.

Magnificis spectabilibus ac strenuis viris Gentili de Le(o)nessa, gubernatori, domino Iacobo Lauredano, provisori, capitaneis et conductoribus exercitus illustris dominii Venetorum.
Magnifici spectabiles ac strenui viri, como credimo sia noto ad tucto el mondo et alle magnificentie vostre, como actori et executori dela voluntà dela illustre signoria de Venetia, è chiarissimo noi assaltati et de improviso contra ogni rasone et honestate, perché, vivendose pacificamente, la raxone, honestate et consuetudine, voleva che fossemo stati avisati almeno tre dì nanti che ne fosse ropta la guerra. Provocati siamo venuti a questa presente guerra, et como la sia andata fino qui, non ne pare necessario ad narrare, et anchi per addesso ne pare tacere la voluntà che havevamo dela pace et tranquillità de Italia et quello che, in preiuditio dele rasone nostre, per (a) non venire ad questo, habiamo supportato et dolerse del torto che ne pare havere recevuto. Non vedemo tempo né loco congruo perché qui non è iudice apto né competente ad determinare la questione nostra, se non quello suppremo Signore che ha ad determinare ogni questione et sententiare ogni possanza, dala infinita bontà del quale non per nostro merito, [ 367v] havendo recevute tante gratie quante habiamo, aspectaressemo gravixima punitione se non mettessemo ogni nostro studio ad cercare, pro iuribus, de reparare ali grandi et excessivi inconvenienti che potessemo comprehendere fosseno per seguire, non havendo possuto fin qui fare altro reparo (b) ad quelli che sono seguiti. Perhò, como homo al quale la clementia del nostro Signore Dio ha concessa questa parte dela Lombardia, che tenemo per patria et reposo de nui et de tucti li nostri, havendo compassione dele vexatione passate, spetialmente a questo stratiato territorio Bressano da l'una parte et da l'altra, non vedendo, perhò, ancora fine ad queste dissipatione per le vie che sonno tenute fino qui dal canto vostro, et perché per voi è stato scripto, como sapete, per tutte le parte de Italia che nui siamo cazati per li paduli et che vui sete andati per la campagna, la qual cosa è notoria esser stato tucto l'opposito, et, anchora, perché dal canto vostro è stato dicto per capitanei et conducteri che, s'el se trovarà loco comune, questa questione se diffinirà, siando per le magnificentie vostre ad nui stato scripto per vostra lettera de xxii del presente, inter cetera, che cum lo ingegno et forze vostre ne farite pentire de essere venuti tanto oltra, et cetera, ad ciò che tal imputatione non se possa ascrivere ad noi, deliberamo de extirpare et eradicare ogni casone per la quale tante violentie, homicidii et incendii et rapine havesseno ad seguire non glie siando preso reparo. Et ad questo deliberamo, pro patria tuenda, exponere la persona, el stato, li amici et ogni nostra facultà, et ad ciò che questa nostra voluntà ad tucto el mondo sia nota et li populi del'una parte né del'altra cum vane speranze non possanno più esser ingannati, parendone che qui non se possa denegare che non sia loco paro et conveniente ad voi et ad noi, piutosto cum vantagio vostro che nostro, ne offerimo vener o sabato dì, o quale de questi parrà ad voi, fra hora de terza et nona, esser suso la campagnia, quale vulgariter è appellata de Monte Chiaro, là dove faremo el segnale che ne pare ad meza via, et più appresso del campo vostro che del nostro, et cum lo exercito nostro de cavallo et da pede: et in segno de ciò ve mandamo el guanto dela battaglia, promettendo che, venendo vui similmente cum lo exercito vostro al loco hora et dì suprascripti, cum le nostre gente d'arme havere ad fare cum le vostre. Dela qual cosa al parere nostro sequirà infiniti beni: prima, se torrà via le insupportabile depredatione et quasi ruina de questo paese; secundario, se finirano le vane speranze che seranno state date alli popoli dela parte che perderà, né cum [ 368r] lettere et expectatione remanerano più ingannati. Etiamdio se vederà uno relevato facto, essendo tanti valenthomini in cossì aperto et bello loco, como è questo, ad fare experientia dele soe vertute; denique se darrà (c) la sententia quis iustius arma sumpserit da tal iudice, che serrà gran facto ad trovarre chi ascolte l'appellatione. Et de questo aspectaremo la resposta vostra per tucto lo dì de domane. Apud Calvisanum, ultimo octobris 1452.
Cichus.

(a) Segue nostro depennato.
(b) Segue a quelli depennato.
(c) In A vedarrà con ve iniziale depennato.