Registro n. 7 precedente | 157 di 2129 | successivo

157. Francesco Sforza ad Angelo de Caposilvis 1452 febbraio 2 Milano.

Francesco Sforza vuole che Angelo de Caposilvis in Casalmaggiore vada di persona a prendere Carlo da Lugo in procinto di fuggire con alcuni altri uomini d'arme e in combutta con dei nemici ducali. Cerchi di sapere la verità sulla vicenda e di individuare quelli che dovevano scappare con lui. Dice, poi, di aver preso atto di quanto gli risponde per il fatto di quelli di Calvatone, gli raccomanda prudenza, maturità e discrezione.

Angelo de Caposilvis in Casalemaius.
Angelo, nuy siamo advisati da loco dingno da fede che Carlo da Lugo deve fuzir da nuy cum alcuni altri homini d'armi et, secondo siamo informati, è aconzo cum li emuli nostri et Iohanne Matto et il Piasentino, famigli de misser Giberto da Corerezo hanno facti li capituli suoy, dela qual cosa ne siamo molto maravigliati, perché nuy continuamente siamo stati benissimo disposti verso el dicto Carlo, et certo ne despiace dovergli fare recrescimento, perché nuy gli volivamo bene et gli haveriamo facto tali tractamenti haveria veduto per effecto haver lo amore et gratia nostra: pur volimo piutosto far mal ad luy che aspectar luy el fazi ad nuy. Pertanto volimo che, subito havuta questa, tu impersona vadi ad pigliare el dicto Carlo et lo conduray lì ad Casal Maiore facendo mettere in loco che non possa fuzire, et vede de trovar la virità de questo facto, como è passato, cussì de sapere chi sonno quelli homini d'arme doveano andar cum luy, et indilate ce advisa d'ongni cosa. Ulterius havemo veduto [ 41v] quello ne respondi circha el facto de quelli da Calvatone, ad che non dicemo altro se non che te commendiamo de quanto hay facto, et rendimone certi non haverissi presi quelli homini senza casone, poray mò admonirli che, capitando più lì il figliolo de quello Fachino, siano più savii ad pigliarlo. Te dicimo bene et caricamo vogli in ogni cosa portarte prudentemente et cum maturità et discriptione che nissuno possa cum a raxone dolerse de ti. Mediolani, ii februarii 1452.
Cichus.

(a) Segue nuy depennato.