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1814. Francesco Sforza a Francesco da Reggio, a Battista da Azzanello e a Marco de Raymondis 1452 novembre 28 Gambara.

Francesco Sforza scrive a Francesco da Reggio, a Battista da Azzanello e a Marco de Raymondis che è disposto a prendere il cavallo loro richiesto tramite Orfeo solo a pagamento, non volendo sottrarre nulla a quel ragazzo, cui, se ne avesse di bisogno, darebbe del suo in considerazione delle benemerenze del defunto suo padre. Quanto al cavallo, lo vuole prima vedere: piacendogli, lo tratterrà e subito lo pagherà; altrimenti, lo rimanderà. Li informa che con la inclusa lettera scrive al podestà di Castelnuovo di dare loro non solo la negata biada, ma anche il mobile del defunto Giacomazzo.

Francisco de Regio, Baptiste de Azanello et Marco de Raymondis.
Remanemo avisati per la vostra de quanto ne scrivete de volerne dare liberamente el cavallo, quale ve havimo facto rechiedere per Orpheo, al che, respondendo, ve dicimo che noy non voliamo esso cavallo se non cum el debito pagamento, perché noi non intendemo volere cosa alcuna de quello del pucto, anzi dicemo così che, quando luy non havesse, glie daressemo del nostro per respecto deli benimeriti del quondam suo patre. Et ad ciò vediamo se dicto cavallo ne piace, vogliate mandarlo qua da noy, el quale, piacendone, retenerimo et provederimo che subito ve serano dati li denari; si vero non piacerà, ve lo remandarimo subito. Ala parte che ne scrivete del potestate de Castelnovo che ha vetato de dar la biada et altre robbe, ne despiace molto, et per questa alligata et sottoscritta de nostra propria mano li scrivemo che non solamente ve daga la dicta biada, ma etiamdio el mobile de quondam domino Iacomazo, secondo la testatione toa, ita che possiate fare quanto havete ad fare. Una cosa ben ve voliamo recordare, benché siamo certi non bisogne per le virtute vostre, vogliate cum ogni industria et diligentia vostra curare el bene del pucto et governare le cose per tal modo che ne reportate ad presso Dio gloria et da noy commendatione et laude. Ex Gambara, xxviii novembris 1452.
Bonifatius.
Cichus.