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1818. Francesco Sforza al vicario di Quinzano 1452 novembre 28 Gambara.

Rispondendo al vicario di Quinzano, Francesco Sforza richiama quanto ha detto all'ambasciatore di quella comunità, e cioè che non intende fare nulla di diverso rispetto a quello che si è fatto nel passato per la gente mandata fuori dal comune. Cita il caso dei quattro di lì che sono a Cremona, i quali vorrebbero una provvigione (in passato si era pensato di dargli cinquanta soldi al mese), ma in realtà non hanno mai avuto alcunché.

[ 431r] Vicario Quinzani.
Havendo recevuto la toa lettera, et inteso quello ne scrivi et quello ne ha dicto il presente ambaxatore de quella comunità circha la provisione domandavano quelli quattro de quella terra sonno ad Cremona, che gli fosse fatta per lo comunne, il quale ne dice, per parte de quella nostra comunità, che ell'è ben vero altre volte, essendo mandate gente fora, como è accaduto de questi quattro, fo dicto et raxonato de dargli soldi cinquanta per uno al mese, tamen may non hebbero dinaro alchuno, et però ne fa instantia, per parte de quello comune, che non lo vogliamo gravare contra il consueto. Pertanto, como havimo resposto alluy, così dicemo ad ti che nostra intencione è de non innovare cosa alchuna, et quello scripsimo fo perché havevamo informatione per altri tempi era stato facto el simile, siché per questo non li gravare ad cosa alchuna contra loro voluntà. Volimo bene te informi como è stato facto nelli altri tempi et così farrai fare al presente et haverimo caro, quando bene non fosse consueto, che tu operi con quelli homini con quella honestà te parerà che loro, de soa bona voluntà, siano contenti de fargli fare qualche provisione, como ne pare honesto et conveniente, tamen quando vedessi loro non volessero, non gli fare altra instancia. Ex Gambara, xxviii novembris 1452.
Cichus.