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1863. Francesco Sforza a Cristoforo Torelli, conte di Guastalla 1452 dicembre 1 Gambara.

Francesco Sforza risponde a Cristoforo Torelli, conte di Guastalla e condottiero ducale, che non intende assecondare la sua richiesta di trasferimento in un'altra località: le genti d'arme ducali devono svolgere il loro servizio nei luoghi in cui sono deputati e devono stare negli aloggiamenti assegnati. Quanto a quelli che vanno a Brescia con biada con pretesto del salvocondotto, vuole che a costoro chiedano di mostrare il documento e vistolo, si attengano a quanto scritto.

Magnifico militi domino Cristoforo Thorello, comiti Guastale, nostro armigerum ductori dilectissimo.
Magnifice dilectissime noster, havemo recevuto le vostre lettere et intesa la continentia d'esse: multo e multo ne siamo maravigliati dela prima parte nella quale ne rechedete che ve voliamo removere de lì e darve alozamento altrove, mectendo lì un altro in vostro scontro per li rispecti alligati in esse vostre lettere, et ve dicimo cusì che nui pagamo le nostre gente d'arme perché ne servano in quelli luochi dove gli deputamo e stiano contenti ac quilli alozamenti che gli asignamo, né serria possibile che alogiassemo ogni homo a loro modo et alo apetito suo. Et ben dicimo, anchora, che se maravigliamo ch'el vi debbia rencressere cusì tosto el star lì in quello locho per bene nostro, essendo de quella importantia che l'è, et pur havendove dato de quello havimo dato ali altri, et non havendo anchora mai patito del sinistro hano patito forse deli altri nostri, non doveresti gravarve se non havesti cusì in tucto l'apetito nostro. Siché ve confortiamo ad havere patientia et levative dala mente che ve debiamo dare altro lozamento per adesso.
[ 439v] Alla parte de quelli che vanno a Bressa cum biava sotto pretesto de nostro salvoconducto, ve dicimo così che, atrovando voi, o li nostri, alchuni che conducano biave a Brexa o altroe senza nostra licentia o salvoconducto, volimo che gli debiate pigliare et rescotere e bemché dicesseno havere là, non gli è da credere se non ve lo mustrano. Et mustrandovelo factivelo legere et servate la substantia et tenore d'esso per honore nostro. Et il simile dicimo de quelli da Cortecelli, li quali, havendo salvoconducto da noi e mustrandovelo effectualmente servatilo, altramente li potite rescotere, perché chi actendesse alle parole ogni homo diria havere salvoconducto. Ma tenitevi allo effecto e fativelo mostrare. Ex Gambara, primo decembris 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.