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1963. Francesco Sforza a Rolando Pallavicino 1452 dicembre 9 Cremona.

Francesco Sforza dice a Rolando Pallavicino di credere al suo disappunto per la fuga dei suoi guastatori. Consapevole della prontezza con cui ha sempre risposto a ogni richiesta ducale, vorrebbe che, pure al presente, gli mandasse centocinquanta guastatori e vincesse le sue difficoltà nell'assecondarlo; considerando che attualmente la carenza di guastatori è la ragione del suo rimanere lì a Gambara, lo assicura che la loro presenza non andrà al di là di dieci giorni.

(a) Magnifico Rolando Palavicino.
Havemo recevuto le vostre lettere per le quale dicete rencreservi della fuga delli vostri guastatori, che credimo veramente essere cusì, perché ogni nostro sinistro devete reputare vostro. Alla parte de quelli 150, che ve fazate difficile a mandarli, allegando quello havete facto per lo passato et la vostra pronteza ad ognuna nostra rechesta, dicemo essere verissimo de quanto dicete, et siate certissimo che nui non havemo scordato, né mai ce scordaremo li vostri beneficii et con gram securtate sempre ve havemo rechesti alli nostri bisogni con ferma oppenione et per proponimento de farvene condegna retributione per l'avenire. Ma ben dicemo che se voi sapeste l'importanza de dicti 150 guastatori, subito li mandaresti, senza replicatione de nostre lettere, tanta la fede et speranza havemo in voi, advisandove ch'el manchamento de guastatori è casione de farve stare lì a Gambara, et anche se poteria perdere qualche cosa per non havere facte le forteze ordinate, che spiacereve ad voi et a nui. Sichè ve confortiamo, pregamo et strengemo quanto più possibile che a questa fiata non ne vogliate dire de non; et se mai havisti voglia de fare cosa grata, como siamo certi, vogliateli mandare subito per x dì et non più, quali se comenzino il dì arivaranno a Gambara, et questo ve piaza far subito attento el bisogno. Cremone, die viiii decembris 1452.
Ser Iacobus.
Duplicata fuit dicta die. Data ut supra.
Cichus.

(a) Precede Nobili dilecto nostro Theseo de Spoleto cancellario nostro depennato.