Registro n. 7 precedente | 352 di 2129 | successivo

352. Francesco Sforza al marchese d'Este 1452 marzo 31 Milano.

Francesco Sforza risponde al marchese d'Este rivendicando il suo diritto di intervento perchè Fioramonte, marchese di Villafranca, riprenda in suo possesso le terre in Lunigiana che Galeotto Campofregoso gli occupò al tempo del primo dogato genovese di Ludovico Campofregoso. Per la ripresa di dette terre, egli (duca) ha già "provveduto de gente et altre cose" il marchese di Villafranca, perchè, ricorda sempre lo Sforza, oltre al lungo rapporto di "raccomandato" che ha con Fioramonte, vuole si tenga presente che dette terre "come mediate, sonno a nuy subiecte" per cui chi in esse intervenisse "saria tractato come inimico". Circa le lamentele di Manfredo da Correggio per i fatti di Maxio e Gilio da Correggio procurerà di aggiornarsi, non sapendo, per il momento, che quello denunciato dall'Estense nella sua lettera. Infine, per il problema del sale che quelli di Castelnuovo non hanno provveduto, "como sono tenuti, de levare", ha pazientato che ciò avvenisse fino alle calende di gennaio, ma non può tollerare, nè tollera oltre, perchè quella del sale "è una delle principale intrate ... che possiamo dire sia lo terzo". Intervenga Borso d'Este in suo aiuto perchè ciò avvenga.

Domino marchioni Estensi.
Havimo veduto quanto la signoria vostra ne ha scripto per la sua de xxiii del presente, ala quale, respondendo, et primo, al facto de misser Galeotto da Campo Fregoso, dicimo che ne piace sia vinuto lì ad visitare la signoria vostra et che cum quella habia coniunctissima et singulare amicitia, perché et nuy anchora l'havimo et reputamo per fratello et amico, et quando ne achadesse fargli cosa grata la faressimo de bona voglia. Ch'el sia facto recomandato della signoria vostra, ne piace et non dicemo altro, ma perché, como havimo mandato a dire alla signoria vostra per Antonio da Trezo, nostro cancellero, esso misser Galeotto tene alcune terre in Lunesana che sonno de Fioramonte, marchexe de Villa Francha, che è nostro recomandato, le quale esso misser Galeotto, retrovandosi essere duxe de Zenoa misser Ludovico de Campo Fregoso, contra ogni promessa facta ad nuy glile occupò, siché per queste tanto pregamo la signoria vostra non se ne voglia impezare perché sonno cose proprie d'esso marchexe et obligato [ 90v] ad nuy già anni xv passati, lo quale più fiate, come nostro recomandato, ne ha domandato che vogliamo provedere ch'el rehabia le dicte sue terre, et nuy, non possendogli denegare senza nostro grande incaricho et manchamento, già havemo prov(e)duto de gente et altre cose opportune per mandarlo in quelle parte ad reasumere esse terre et fare che per ogni modo luy le rehabia de presente,(a) come è la totale intentione nostra, perché esse terre, come mediate, sonno ad nuy subie(c)te (b). Siché acteso quelle che havimo dicto de sopra, pregamo strectamente la signoria vostra che non se gli voglia intromettere, perché poy non havesse ad incorrere in qualche inconveniente, lo qual saria contra la mente et oppinione nostra, advisando la prefata signoria vostra che, essendogli trovato là niuno, saria tractato como inimico; ben dicimo che se esso misser Galeocto ha cosa alcuna che non sia del dicto Fioramonte nuy ce sforzarimo sempre fare cosa che li piacia. Hora la signoria vostra ha inteso la cosa como sta. Siamo certi che, como savia et prudentissima che l'è, et per l'amore et affectione cordiale che sempre gli havimo portato et portamo, non vorà comportare el manchamento nostro né torce la nostra superiorità, peroché per conservare l'honore et bene della prefata signoria vostra continuo gli disponerissimo la persona, stato, gente d'arme et ogni altra nostra facultà. Alla parte della doglianza ha facta Manfredo da Correza delli facti de Maxio et Zilio da Correzo et cetera, dicemo che de questo non havemo inteso altro che quello ne ha scripto la signoria vostra, ma ne havemo scripto al nostro locotenente de Parma per haverne chiara informatione et, havuta che l'haveremo, provederemo che alli dicti da Correzo non sarrà facto torto alcuno.
Del facto del sale da Castelnovo havimo inteso quello che la signoria vostra ne ha scripto, al che dicemo che la cosa non è tanto inanzi, como è stato dato ad intendere alla signoria vostra, ma quello che fanno quilli homini lo fanno per provocare et incitare la animo della signoria vostra [ 91r] che deffenda et (c) facia bono lo facto loro per non havere casone de levare lo sale nostro, como sonno tenuti de levare, et la signoria vostra sa che quello hanno passato per lo supradicto Antonio da Trezo ne fece scrivere, et nuy ne remanissimo patienti che li dicti da Castelnovo sino ad calende de zenaro prossimo passato non togliesseno sale nostro, ma che da dicto (d) calende inanzi, loro lo levasseno, cussì como fanno li nostri, et may non l'hanno voluto levare, anzi hanno usato ogni arte per non levarlo, siché se acto alchuno è sequito et proceduto da questo facto, il perché, considerato la commodità che gli havimo facta per lo passato, et poy anchora per respecto che la intrata nostra del sale è una delle principale intrate che habiamo, che possamo dire sia lo terzo, pregamo et confortamo la signoria vostra quanto possimo gli piacia ordenare che li dicti suoy leveno del nostro sale, como sonno tenuti ad levare et como facevano al tempo della bona memoria de l'iIlustre signor duca passato, advisando la signoria vostra che, non levando lo dicto sale, deshordenariano tucte le altre nostre intrate, che ne saria grandissimo damno et preiuditio, la quale cosa credimo non debia volere la signoria vostra. Siché essa signoria vostra non voglia asentire che ne siano tolte le honoranze et superiorità nostre et maxime che per questo non se vene ad preiudicare ad quello loro sonno tenuti de fare verso la signoria vostra. Data Mediolani, die ultimo martii 1452.
Persantus.
Cichus.

(a) Segue et depennato.
(b) Da perchè esse terre a subie(c)te aggiunto a margine.
(c) et in interlinea su che depennato.
(d) In A dicto.