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414. Francesco Sforza a Giovanni da Tolentino 1452 aprile 21 Milano.

Francesco Sforza ripete a Tolentino, luogotenente di Cremona, e al referendario della città, che si era stabilito che la comunità di Cremona desse millecinquecento moggia di frumento e le rimanenti cinquecento venissero offerte dagli abbienti del contado. Siccome la comunità si lamenta fortemente del pessimo comportamento delle truppe, vuole che convochi Simone da Spoleto e concordemente diano severi ordini ai militari di smettere di comportarsi in tal modo, altrmenti verranno loro tolti le armi e i cavalli.

[ 109r] Domino Iohanni de Tholentino loncuntenenti Cremone nec non referendario ibidem.
Como doveti sapere, nela subventione, quale ne fa quella nostra comunità del formento, fo dicto et ordinato che la cità daesse millecinquecento mozza et il contado, tolendolo dali homini più habili et potenti al pagare, ne daesse mozza cinquecento. Et perchè sentimo che quelli del contado se rendeno molto difficele al dare del dicto frumento per la rata sua, volimo et ve commettimo che, servati tali modi et prestiati tali favori a quilli a chi è data la cura de recuperare dicto frumento, che dicti del contado faciano el dovere suo, intendo delli habili, como havimo dicto. Ceterum, perchè quella nostra carissima comunità ne ha facto fare gravissima querela delle nostre gente che gli danno molti et gravissimi damni et gli tagliano non solum l'erbe ma le biave, ve dicimo cussì, ser Iohanne, che non poteria essere dicto cosa quale più ne rencrescesse, et bene doveria bastare che quilli nostri subditi cum molto loro sconzo et gravezza gli habiano dato et gli diano le tasse senza che gli vogliano togliere le biade in herba, che non intendimo comportare per cosa desso mondo. Et pertanto volimo che habiati da vuy ser Simone, al quale etiandio scrivimo de ciò, et ponati tali ordini et faciati tale admonitione a quelle gente che se ne abstengano, et, quando pur non se ne abstenesseno, fatili torre l'arme et cavalli et fati cum effecto che ne sentiamo novella. Data Mediolani, die xxi aprilis 1452.
Ser Iacobus.
Cichus.